Chiesa di San Domenico
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chiesa di san Domenico San Domenico La singolarità della chiesa di Santa Maria Maggiore ( ora chiamata San Domenico ) nel complesso degli edifici religiosi narnesi è dunque davvero innegabile. La sua possenza ha fatto avanzare lipotesi, per altri infondata, che tale chiesa fosse stata un tempo una sorta di Cattedrale grosso dinverno che si opponeva alledificio extramoenia dedicato a San Giovenale. Nel 1148 fu consacrata da Papa Eugenio III e nel 1303 fu concessa ai domenicani che già avevano una loro sede poco fuori della città sin dal 1270-71. La comunità di monaci costruì qui il proprio convento nella zona retrostante la chiesa. Nel 1400-500 si svilupparono le cappelle laterali. Nel secolo XVIII si effettuarono degli interventi di restauro ad opera del Cardinale Sacripanti. Nel 1867 chiesa e convento passarono di proprietà comunale. La chiesa di San Domenico è un'antica chiesa di Narni, ora sconsacrata, risalente al XII secolo, sede dell'antica cattedrale della città. Secondo la tradizione è stata costruita su un tempio di epoca romana dedicato a Minerva (tradizione avvalorata dal fatto che fu la prima chiesa dedicata alla Madonna, il suo titolo ufficiale era Santa Maria Maggiore - poi venne affidata ai domenicani e si chiamò anche San Domenico). L'interno è a tre navate divise da pilastri che sostengono delle arcate a tutto sesto, in fondo l'abside del '600 ha distrutto ogni traccia della primitiva architettura. L'altare di recuopero presente pannelli romanici finemente scolpiti con motivi fitomorfi. Le cappelle sono state aggiunte nel '400: quella della famiglia del Gattamelata, quella della famiglia Arca, quella grande a due arcate a sinistra fu eretta nel '400 e dopo il sacco dei Lanzichenecchi fu dedicata alla Madonna del Rosario ed affrescata dagli Zuccari. Importanti: LAnnunciazione di Benozzo Gozzoli LAnnunciazione di Benozzo Gozzoli attualmente presso il museo Eroli Lopera, dipinta a tempera su tavola, è firmata dallautore e rappresenta per questo una delle sue prime opere certe: raffinatissima, nella resa dei piccoli particolari che la impreziosiscono, essa mostra la Vergine inginocchiata che, allinterno di un portico, viene sorpresa a leggere dallarcangelo Gabriele venuto a recarle lannuncio. Il dipinto fu probabilmente eseguito per i frati predicatori dellex-chiesa di San Domenico a Narni negli anni intorno alla metà del Quattrocento: è allinterno di questo edificio, infatti, che Giovanni Eroli lo vide alla fine dellOttocento ("Descrizione delle chiese di Narni", 1898). Il Tabernacolo l'affresco della Madonna col Bambino tra i Santi Domenico e Tommaso Chiesa di San Domenico a Narni - La Storia La singolarità della chiesa di S. Maria Maggiore nel complesso degli edifici religiosi
narnesi è innegabile. Di sicuro sappiamo che fu consacrata nel 1148 da papa Eugenio III, il quale aveva consacrato tre anni prima l'edificio dedicato a San Giovenale. La tradizione vuole che esso sorga nel luogo dove anticamente esisteva un tempio dedicato alla dea Minerva. mosaici romani ritrovati e restaurati.
Chiesa di San Domenico a Narni - L'architettura pianta con ipotesi di cappelle laterali Pianta della chiesa di san Domenico a Narni La Chiesa di San Domenico si caratterizza principalmente per la sua architettura e per l'antico titolo dedicato alla Madonna che la pone quasi allo stesso livello di importanza della Cattedrale. Ma prima di approfondire queste tematiche richiamiamo un attimo l'attenzione su quello che rappresenta nel medioevo un edificio chiesastico e come era "usato" dalla società. La Chiesa medioevale è solitamente orientata in modo che il suo ingresso si abbia ad ovest e l'altare troneggi ad est. Il fedele che entra nell'edificio, percorre solitamente il cammino dall'occidente simboleggiante il peccato proprio dell'uomo, all'oriente dell'altare che rappresenta il calvario, la pietra del sacro sepolcro. Ad una prima lettura dell'edificio appare immediatamente la sua tipologia di carattere basilicale di tipo classico, con la navata centrale più alta delle laterali e un sovradimensionamento della terza campata di pilastri. Questa soluzione architettonica ci apre tutta una serie di prospettive sul possibile impianto originale dell'edificio: esso doveva rappresentare, in corrispondenza di quella dilatazione, o una navata trasversale o quantomeno un transetto. La facciata è tipicamente di ispirazione basilicale e si presenta come un vero e proprio palinsesto murario nel quale è appena possibile leggere l'esistenza delle tre finestre caratteristiche del linguaggio architettonico locale e i segni dell'esistenza di un distrutto portico. Tra il complesso mosaico di pietre non è difficile notare la piccola trifora di destra, caratterizzata dall'uso di marmi policromi, mentre una delle sue colonnine sembra ricavata da arto proveniente da una scultura di origine romana se non addirittura greca. Una sorta di frontone qualifica il dissestato apparato murario. Esso è sorretto da protomi umane, animali o fantastiche, alle quali rimane difficile attribuire dei significati, magari misteriosi; esse sembrano riproporre caratteri di ispirazione francese. La trabeazione classicheggiante è lavorata a palmette. La scultura interviene ancora una volta con i due episodi altamente drammatici dei due animali che alle due estremità del lungo mensolone, erompono dalla parete con decisione insolita. Ma il vero protagonista della facciata è il portale centrale. Composto da tre monoliti di probabile provenienza romana, esso è composto da un arco di scarico a sesto ribaltato di materiale marmoreo pregiato che sembra essere collocato al puro scopo decorativo. I tre monoliti diseguali, sono interamente lavorati, quasi l'autore fosse pervaso da un terrore dello spazio vuoto. Addirittura gli smussi interni danno vita a minuscole e mostruose protomi. Al centro dell'architrave domina una croce con terminale a forma di ancora che pare generare il motivo floreale che incornicia i clipei, è probabile che quella croce sia intesa come albero della vita. Il resto è tutto un intreccio di girali e figure che avvolgono i tondi con le immagini degli apostoli. Tutto appare molto scarno, molto poco vivo, quasi una scultura sviluppata su soli due piani verticali, come se l'autore del disegno fosse riuscito a dare una vitalità eccezionale che lo scultore non è stato capace poi a restituire su un materiale difficile da lavorare come la pietra calcarea. Di particolare pregio è il pavimento alessandrino sopravvissuto solo nella navata di destra; si può notare la pendenza originale di questo pavimento che oltre che rappresentare simbolicamente l'ascesa al calvario di Cristo, esalta le linee prospettiche. Uscendo dalla Chiesa, prima di riprendere la Via Mazzini, scendendo a sinistra poche scalette, ti trovi davanti all'ingresso caratteristico dei sotterranei della Chiesa. L'ambiente è costituito da tre vani: un vano d'ingresso, un piccolo vano adiacente a cui si accede per un passaggio di fortuna, ed infine da un grande ambiente a tre navate, diviso da pilastri. Il vano d'ingresso, fino a qualche tempo fa adibito a cantina, è rettangolare, a volta, con tre nicchie sulla parete destra che fanno porre un interrogativo circa la funzionalità di esso. Dalle feritoie infatti sembra che potrebbe trattarsi di un muro perimetrale di difesa. Sopra la nicchia centrale è stata costruita l'abside a sbalzo, quasi inserita, senza alterare la maggior parte del muro. Questo vano è sottostante al presbiterio. Sulla parete sinistra, costituita da muratura discontinua, eseguita con materiali di recupero, si apre l'accesso al sotterraneo delle navate della Chiesa. I pilastri, cinque per parete, collegati con le pareti da altrettanti archi rappresentano un elemento interessante per la rifinitura e l'impiego della caratteristica pietra rosa e bianca, comune alle costruzioni narnesi, scavata sul Monte Ippolito, nei pressi di Narni. Ritornando al vano di ingresso in fondo a sinistra, c'è un pertugio scavato nel muro, che immette in un piccolo ambiente, dove si apre una finestrella e da essa puoi ammirare, un pozzo originale, costruito proprio sotto il muro maestro della Chiesa, che viene sostenuto da un pilastro, costituito da un blocco monolitico cubico e da un tronco di colonna cilindrico, su cui poggia un capitello rustico ed un architrave. Una singolare volta di pietra copre tutto il cavio del pozzo cilindrico. Osservando bene si ha l'impressione di una cisterna romana con l'intonaco originale. La Chiesa di Santa Maria Maggiore è ledificio religioso che pone più problematiche tra gli altri della città di Narni. Esso si caratterizza principalmente per la sua architettura e per lantico titolo dedicato alla Madonna che la pone quasi allo stesso livello dimportanza della Cattedrale. Molto poco si sa sulle sue origini, tanto che le datazioni proposte da vari storici oscillano tra il XI ed il XII secolo. Di sicuro sappiamo che fu consacrata nel 1148 da PapaEugenio III, il quale aveva consacrato tre anni prima ledificio dedicato a S. Giovenale. La tradizione vuole che esso sorga nel luogo dove anticamente esisteva un tempio dedicato alla dea Minerva e il riuso di conci calcarei proveniente da un edificio romano potrebbe per lo meno far pensare alla preesistenza di edifici di origine classica. La pianta delledificio è resa complessa da aggiunte e manomissioni; ad una lettura delledificio appare immediatamente la sua tipologia di carattere basilicale di tipo classico con la navata centrale più alta delle laterali. Una più approfondita analisi ci induce ad osservare un sovra dimensionamento della terza campata dei pilastri. Questa soluzione architettonica ci apre tutta una serie di prospettive sul possibile impianto originale delledificio: esso doveva presentare, in corrispondenza di quella dilatazione, o una navata trasversale o quantomeno un transetto. Lipotesi di una chiesa a pianta centrale non può non affascinare e sorprendere. Lassunzione di questo tipo di impianto nel medioevo è rarissimo nellarchitettura romanica dellItalia Centrale. Gli esempi pervenuti sino a noi sono ad Ancona con il Santo Ciriaco e la Santa Maria di Portonuovo, e, pensate un po, a Narni con la chiesa abbaziale di San Cassiano (particolare anche per luso dellarco a ferro di cavallo). Avvalorare lipotesi della pianta centrale anche per il nostro edificio, significherebbe rimettere in discussione le origini dellarchitettura e dellarte a Narni. La facciata è tipicamente di ispirazione basilicale si presenta come un vero e proprio palinsesto murario nel quale è appena possibile leggere lesistenza delle tre finestre caratteristiche del linguaggio architettonico locale e i segni dellesistenza di un distrutto portico. Tra il complesso mosaico di pietre non è difficile notare la piccola trifora di destra, caratterizzata dalluso di marmi policromi, mentre una delle sue colonnine sembra ricavata da un arto proveniente da una scultura di origine romana se non addirittura greca. Nonostante che nel XII secolo non fosse in uso firmare le proprie opere, nella lapide posta a sinistra del portale principale, si possono leggere i nomi degli autori. Una sorta di frontone qualifica il dissestato apparato murario. Esso è sorretto da protomi umane, animali o fantastiche, alla quali rimane difficile attribuire dei significati, magari misterici; esse sembrano riproporre caratteri dispirazione francese. La trabeazione classicheggiante è lavorata a palmette. La scultura interviene ancora una volta con i due episodi altamente drammatici dei due animali che alle due estremità del lungo mensolone erompono dalla parete con decisione insolita. In alto, sopra il finestrone settecentesco, un altro brano scultoreo, rappresentato da unaquila, malamente si collega con il complesso sottostante. Ancora sul campanile emergono due sculture di periodo più tardo: un Cristo benedicente, ed una figura umana con tre volti rappresentante la SS. Trinità. Ma il vero protagonista della facciata è il portale centrale. Composto da tre monoliti di probabile provenienza romana, esso è coperto da un arco di scarico a sesto ribassato di materiale marmoreo pregiato che sembra essere collocato a puro scopo decorativo. Tipologicamente questo portale è una vera rarità tanto che se ne riconoscono simili uno in Abruzzo ed un altro in Siria. I tre monoliti diseguali sono interamente lavorati, quasi lautore fosse pervaso da un terrore dello spazio vuoto. Addirittura gli smussi interni danno vita a minuscoli mostruosi protomi. Al centro dellarchitrave domina una croce con terminale a forma di ancora che pare generare il motivo floreale che incornicia i clipei. E probabile che quella croce sia intesa come albero della vita. Il resto è tutto un intreccio di girali e figure che avvolgono i tondi con le immagini degli apostoli. Tutto appare molto scarno, molto poco vivo, quasi una scultura sviluppata su soli due piani verticali, come se lautore del disegno fosse riuscito a dare una vitalità eccezionale che lo scultore non è stato poi capace a restituire su un materiale difficile da lavorare come la pietra calcarea. Ma se lo sguardo sembra scorrere dietro landamento dei girali, questo trova attimi di pausa in corrispondenza di episodi che parlano di animali affrontati, di una salita in cielo di Alessandro Magno, di cinghiali. I clipei sembrano parlare un linguaggio più complesso, gli apostoli esprimono quel sapore di modellazione e plasticità che il resto dellopera rifiuta. Gli stipiti sono sorretti, come in Santa Maria Impensole, da due telamoni piuttosto malridotti. Piuttosto degradata è liscrizione che affianca: (la) EVA/M GRAN/DE PO/NDU/S (f) E/RO (con la destra porto grande peso, la sinistra occorre). Varcare il portale centrale significa introdursi in uno spazio veramente sorprendente. La grandiosità del volume interno evidenzia la diffusione e limportanza del culto mariano in epoca medievale. Ma stupisce ancor di più, sebbene le premesse della facciata ce lavessero già suggerito, per la estraneità ai modelli già visti in Cattedrale, in Santa Maria Impensole, nel San Martino di Taizzano. Qui gli archi a tutto sesto che sorreggono la pesante apparecchiatura muraria, poggiano su pilastri cruciformi di chiara ispirazione alverniate, e sorreggono gli arconi trasversali a sostegno delle coperture. La soluzione adottata della navata centrale più alta delle laterali, permette la sperimentata soluzione delle finestre che illuminano il largo corridoio principale. Ad una più attenta lettura delle murature è possibile individuare le tracce di queste aperture, ma non si possono non notare delle porticine che dovevano concedere laccesso ad un lungo ballatoio in legno, una sorta di rustico matroneo (spazio riservato nellantichità alle donne durante le funzioni religiose). Nulla purtroppo rimane dellantica parte terminale delledificio, né di quello che doveva essere il transetto innestato nella navata. Le tre absidi quadrangolari risalgono al periodo in cui la chiesa passò ai domenicani e quindi circa il XIV secolo e sono tipiche dellarchitettura degli ordini mendicanti. Di particolare pregio è il pavimento alessandrino sopravvissuto solo nella navata di destra; si può notare la pendenza originale di questo pavimento che, oltre che rappresentare simbolicamente lascesa al calvario di Cristo, esalta le linee prospettiche dellinterno. Le cappelle laterali risalgono al sec. XV-XIV, a quel periodo della storia in cui si sviluppò luso, da parte delle famiglie nobili, di seppellire i propri cari in spazi dedicati ai loro Santi protettori. Sono da riferirsi a quel periodo le prime pitture a fresco: troviamo infatti opere attribuibili al Maestro di Narni del 1409 e alla sua bottega, dipinti di artisti minori, un seguace di Pier Matteo dAmelia, ed altri autori cinquecenteschi. Nel 1715 furono operati alcuni lavori di restauro e completamento ad opera del Cardinale Sacripanti. La chiesa fu riconsacrata nel 1728. A questa fase dovrebbero appartenere i peducci sui contrafforti interni, il finestrone di facciata, altre aperture nella zona absidale ed alcuni arredi sacri. Ultimi studi Dai recenti scavi si sono trovate interessanti testimonianze In particolare dalla tesi di : relatore Dott. Giulio Faustini tesi : Chiesa di Santa Maria Maggiore Si sono fatte delle ipotesi di una preesistente chiesa a Croce Greca sul genere della chiesa dellAbazia di San Cassiano Questo grazie anche alle fessiture sulle pareti a metà della navata centrale , che confermano tali ipotesi .
Inoltre gli scavi hanno evidenziato una cripta sotto labside con affreschi e pezzi di mosaico . Altro mosaico è stato ritrovato durante i lavori di sistemazione del 2008 della chiesa. I lavori hanno riportato alla luce vari reperti ancora in fase di studio. Bibliografia AA.VV., Francesco d'Assisi "Chiese e conventi", Milano 1982 Eroli, Descrizione delle Chiese di Narni e suoio dintorni, Narni 1898 Grassini, Chiese Romaniche minori del contado di Narni e del Comune Sabino, 1964 Cappella di Gattamelata presso la chiesa di San Domenico A san Domenico poi troviamo la cappella del Gattamelata con un paio di lapidi che ricordano la famiglia Cardoli che si era imparentata con unaltra figlia del Gattamelata , Cardoli Massei e Cesi , le migliori famiglie narnesi danno i loro rampolli alle figlie del grande condottiero Narnese . particolare del portale con lo stemma del Gattamelata ai lati si trovano due lapidi la scritta riporta BALDOVINUS- CARDOLUS NEPOS VOVENSET OB ILLIUS MEMORIA- IN COMO DIOREM VENUSTIO REO SALUT ANNO-SECTOVI (MILLI CIAI XBR forse 1500 ecirca ???) lateralmente sul lato opposto si legge l'iscrizione
ELLO HOC A GATTAMELATA NARN- VECTOR IMPERATORE-URBIS PATAVII ALIAR CIVITATIS VENETAE DITIONI ADAUTATOR FODATO DOTATUQ La scritta è chiaramente dedicata a Gattamelata da Narni , imperatore Di Padova città veneta Da notare luso di un simbolo su molte lettere Ed una piccola scritta che sembra successiva Expertus in seconda riga prima di Imperatore
Famiglia Massei Giovanni Massei fece dedicare alle due sorelle Paola e Cristalla, nella chiesa di San Domenico a Narni, una cappella della natività di Maria Vergine . Oltre alla splendida tomba del figlio Gabriele. In San Domenico come rilevasi dal testamento 1480 riportato dal Brusoni pag.411. Tomba principale in san Domenico Sepolcro di Gabriele Massei figlio di Giovanni Massei. La madre Elisabetta (Figlia di Gattamelata) lo piange per la sua morte in giovane età nel fiore degli anni Il 23 gennaio 1494 al tempo di papa Alessandro Sesto. SOLUM MIHI SUPEREST SEPULCRUM GABRIELE D-IOHANNIS EQUITIS- AVRATE-MASSEI- CIVIS O-NARN-NOB-IN IPSO-ADOLESCENTIAE-FIORE-RAPTO MAGNO-SUORUM-CIVIUM- DOLORE-ACRI-INGENIO- ELO QUENTIA-CLARO-CANDORE- ANIMI-MAX-INDOLE- AD MIRABILIS -FILIO DULCIS-HELISABET-PIENTIS-MATER POSUIT . PRO- DOLOR- ANNO- XVIII M VIII DCLXIX MCCCCXCIIII (1494) DIE XXIII IANVARII (23 GENNAIO) ALEX VI PONTIFEX- MAX
Famiglia Cardoli la cappella Cardoli anticamente portava queste iscrizioni riprese dal manoscritto Eroli La famiglia dei Cardoli era piu volte riportata anche in altre lapidi Come ad esempio Andrea Cardoli monsignore e fondatore della Prima biblioteca narnese la lapide del 1665 dice che mori a 65 anni. Vedi libro dellEroli Misc2 da pag 213 Chiese di Narni pag 270 e successive Nella chiesa di San Domenico troviamo la tomba di Andrea Cardoli morto nel 1665 che come ricorda la lapide posta nella tomba istituì la biblioteca pubblica della città di Narni . Troviamo inoltre nella tomba del Gattamelata una epigrafe di BALDOVINUS- CARDOLUS Cappelle Laterali Partendo dallalto a destra della navata principale Troviamo la cappella del Gattamelata Cappella dedicata a San Pietro per terra giace ancora una pietra marmorea Sepolcro di Erasmo Cardoli e Vincenza Cardoli anno 1604 In questa cappella cera la statua era sopra laltare . Le succesive cappelle non vengono citate ma si dice che esse contenevano Delle tele importanti una era la Madonna del rosario fatta dal Borbone Jac. Borbonius figurabat anno 1611 Invece la prima cappella a destra di chi entra aveva una tela di S. Tommaso dAquino Tale cappella fu fatta da Febo Cardoli come si vede ancora dalla scritta In cima allarco sullesterno MDVIC ( 1594) Sul lato opposto nella navata sinistra troviamo Una madonna con bambino che eroli dice sia della stessa mano di un quadro fatto per gli scolopi. La seconda cappella era dedicata a San Domenico e vi erano delle belle tele ora depredate Sulla parete sinistra cera una lapide in onore di Andrea Cardoli . Andrea Cardoli monsignore e fondatore della Prima biblioteca narnese la lapide del 1657 dice che mori a 65 anni. La lapide fu posta dai fratelli Onofrio e Cardolo de Cardoli nel 1670
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ideazione e progettazione Giuseppe Fortunati |