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Chiesa di San Domenico

 

 
 

chiesa di san Domenico

san Domenico

San Domenico

La singolarità della chiesa di Santa Maria Maggiore ( ora chiamata San Domenico ) nel complesso degli edifici religiosi narnesi è dunque davvero innegabile. La sua possenza ha fatto avanzare l’ipotesi, per altri infondata, che tale chiesa fosse stata un tempo una sorta di Cattedrale grosso d’inverno che si opponeva all’edificio extramoenia dedicato a San Giovenale. Nel 1148 fu consacrata da Papa Eugenio III e nel 1303 fu concessa ai domenicani che già avevano una loro sede poco fuori della città sin dal 1270-71. La comunità di monaci costruì qui il proprio convento nella zona retrostante la chiesa. Nel 1400-500 si svilupparono le cappelle laterali. Nel secolo XVIII si effettuarono degli interventi di restauro ad opera del Cardinale Sacripanti. Nel 1867 chiesa e convento passarono di proprietà comunale.

La chiesa di San Domenico è un'antica chiesa di Narni, ora sconsacrata, risalente al XII secolo, sede dell'antica cattedrale della città. Secondo la tradizione è stata costruita su un tempio di epoca romana dedicato a Minerva (tradizione avvalorata dal fatto che fu la prima chiesa dedicata alla Madonna, il suo titolo ufficiale era Santa Maria Maggiore - poi venne affidata ai domenicani e si chiamò anche San Domenico).

L'interno è a tre navate divise da pilastri che sostengono delle arcate a tutto sesto, in fondo l'abside del '600 ha distrutto ogni traccia della primitiva architettura. L'altare di recuopero presente pannelli romanici finemente scolpiti con motivi fitomorfi. Le cappelle sono state aggiunte nel '400: quella della famiglia del Gattamelata, quella della famiglia Arca, quella grande a due arcate a sinistra fu eretta nel '400 e dopo il sacco dei Lanzichenecchi fu dedicata alla Madonna del Rosario ed affrescata dagli Zuccari.

Importanti:

L’Annunciazione di Benozzo Gozzoli

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L’Annunciazione di Benozzo Gozzoli attualmente presso il museo Eroli

L’opera, dipinta a tempera su tavola, è firmata dall’autore e rappresenta per questo una delle sue prime opere certe: raffinatissima, nella resa dei piccoli particolari che la impreziosiscono, essa mostra la Vergine inginocchiata che, all’interno di un portico, viene sorpresa a leggere dall’arcangelo Gabriele venuto a recarle l’annuncio. Il dipinto fu probabilmente eseguito per i frati predicatori dell’ex-chiesa di San Domenico a Narni negli anni intorno alla metà del Quattrocento: è all’interno di questo edificio, infatti, che Giovanni Eroli lo vide alla fine dell’Ottocento ("Descrizione delle chiese di Narni", 1898).

Il Tabernacolo

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l'affresco della Madonna col Bambino tra i Santi Domenico e Tommaso

 

Chiesa di San Domenico a Narni - La Storia

La singolarità della chiesa di S. Maria Maggiore nel complesso degli edifici religiosi narnesi è innegabile.
La sua possenza ha fatto avanzare l'ipotesi, peraltro infondata, che tale chiesa fosse stata un tempo una sorta di cattedrale d'inverno che si opponeva all'edificio extra moenia dedicato a San Giovenale.
Molto poco si sa sulle sue origini, tanto che le datazioni proposte da vari storici oscillano tra il XI ed XII secolo.

Di sicuro sappiamo che fu consacrata nel 1148 da papa Eugenio III, il quale aveva consacrato tre anni prima l'edificio dedicato a San Giovenale. La tradizione vuole che esso sorga nel luogo dove anticamente esisteva un tempio dedicato alla dea Minerva.sandomenicopavroman.jpg (97746 byte)

mosaici romani ritrovati e restaurati.


Poiché fu la prima chiesa dedicata alla Madonna questo potrebbe avvalorare la tradizione, tenendo presente, che nella trasformazione del tempio pagano in tempio cristiano, quelli dedicati a Minerva con preferenza diventavano chiese Mariane.
Ufficialmente il titolo era quello di S. Maria Maggiore e dava il nome a tutto il terziere della città, però nel linguaggio popolare, dopo che fu affidata ai domenicani, per il culto di S. Domenico e dei SS. Domenicani, si chiamò anche, chiesa di S. Domenico.
Nonostante che nel XII secolo non fosse in uso firmare le proprie opere, nella lapide posta a sinistra del portale principale, si possono leggere i nomi degli autori:
GENTES VENITE GAUDETE OPERA MAGNA VI (dete)
ILLUNQUE FECIT COLETE CARUM MAGISTRUM TENETE ET DETE C (uncti laudem)
PENCIO FECIT MASTRIAN ANIMAS UT ASU (ma) T (in coelum)
VIRGO BEATA MARIA ILLUMINET (ipsa menten)
UT ED (e) FICIUM ISTUD (d) ADIMPLEN (dum) EAT.
Nulla purtroppo rimane dell'antica parte terminale dell'edificio, nè di quello che doveva essere il transetto innestato nella navata.
Le tre absidi quadrangolari risalgono al periodo in cui la chiesa passò ai Domenicani e quindi a circa il XIV secolo e sono tipiche dell'architettura degli ordini mendicanti.
Le cappelle laterali risalgono al sec. XV-XIV, a quel periodo della storia in cui si sviluppò l'uso, da parte delle famiglie nobili, di seppellire i propri cari in spazi dedicati ai loro santi protettori.
La comunità dei monaci costruì quì il proprio convento nella zona retrostante la chiesa. Nel 1400-500 si sviluppano le cappelle laterali. Sono da riferirsi a quel periodo le prime pitture a fresco: troviamo infatti opere attribuibili al maestro di Narni del 1409 e alla sua bottega, dipinti di artisti minori, un segnale di Pier Matteo d'Amelia, ed altri autori cinquecenteschi.


Nel 1715 furono operati alcuni lavori di restauro e completamento ad opera del cardinale sacripanti. La chiesa fu riconsacrata nel 1778. A questa fase dovrebbero appartenere i peducci sui contrafforti interni, il finestrone di facciata, altre aperture nella zona absidale ed alcuni arredi sacri.
Nel secolo XVIII si effettuarono degli interventi di restauro ad opera del cardinale Sacripanti. Nel 1867 chiesa e convento passarono di proprietà comunale

Chiesa di San Domenico a Narni - L'architettura

pianta con ipotesi di cappelle laterali

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Pianta della chiesa di san Domenico a Narni

La Chiesa di San Domenico si caratterizza principalmente per la sua architettura e per l'antico titolo dedicato alla Madonna che la pone quasi allo stesso livello di importanza della Cattedrale. Ma prima di approfondire queste tematiche richiamiamo un attimo l'attenzione su quello che rappresenta nel medioevo un edificio chiesastico e come era "usato" dalla società.

La Chiesa medioevale è solitamente orientata in modo che il suo ingresso si abbia ad ovest e l'altare troneggi ad est. Il fedele che entra nell'edificio, percorre solitamente il cammino dall'occidente simboleggiante il peccato proprio dell'uomo, all'oriente dell'altare che rappresenta il calvario, la pietra del sacro sepolcro. Ad una prima lettura dell'edificio appare immediatamente la sua tipologia di carattere basilicale di tipo classico, con la navata centrale più alta delle laterali e un sovradimensionamento della terza campata di pilastri. Questa soluzione architettonica ci apre tutta una serie di prospettive sul possibile impianto originale dell'edificio: esso doveva rappresentare, in corrispondenza di quella dilatazione, o una navata trasversale o quantomeno un transetto. La facciata è tipicamente di ispirazione basilicale e si presenta come un vero e proprio palinsesto murario nel quale è appena possibile leggere l'esistenza delle tre finestre caratteristiche del linguaggio architettonico locale e i segni dell'esistenza di un distrutto portico. Tra il complesso mosaico di pietre non è difficile notare la piccola trifora di destra, caratterizzata dall'uso di marmi policromi, mentre una delle sue colonnine sembra ricavata da arto proveniente da una scultura di origine romana se non addirittura greca. Una sorta di frontone qualifica il dissestato apparato murario. Esso è sorretto da protomi umane, animali o fantastiche, alle quali rimane difficile attribuire dei significati, magari misteriosi; esse sembrano riproporre caratteri di ispirazione francese. La trabeazione classicheggiante è lavorata a palmette. La scultura interviene ancora una volta con i due episodi altamente drammatici dei due animali che alle due estremità del lungo mensolone, erompono dalla parete con decisione insolita. Ma il vero protagonista della facciata è il portale centrale. Composto da tre monoliti di probabile provenienza romana, esso è composto da un arco di scarico a sesto ribaltato di materiale marmoreo pregiato che sembra essere collocato al puro scopo decorativo. I tre monoliti diseguali, sono interamente lavorati, quasi l'autore fosse pervaso da un terrore dello spazio vuoto. Addirittura gli smussi interni danno vita a minuscole e mostruose protomi. Al centro dell'architrave domina una croce con terminale a forma di ancora che pare generare il motivo floreale che incornicia i clipei, è probabile che quella croce sia intesa come albero della vita. Il resto è tutto un intreccio di girali e figure che avvolgono i tondi con le immagini degli apostoli. Tutto appare molto scarno, molto poco vivo, quasi una scultura sviluppata su soli due piani verticali, come se l'autore del disegno fosse riuscito a dare una vitalità eccezionale che lo scultore non è stato capace poi a restituire su un materiale difficile da lavorare come la pietra calcarea. Di particolare pregio è il pavimento alessandrino sopravvissuto solo nella navata di destra; si può notare la pendenza originale di questo pavimento che oltre che rappresentare simbolicamente l'ascesa al calvario di Cristo, esalta le linee prospettiche. Uscendo dalla Chiesa, prima di riprendere la Via Mazzini, scendendo a sinistra poche scalette, ti trovi davanti all'ingresso caratteristico dei sotterranei della Chiesa. L'ambiente è costituito da tre vani: un vano d'ingresso, un piccolo vano adiacente a cui si accede per un passaggio di fortuna, ed infine da un grande ambiente a tre navate, diviso da pilastri. Il vano d'ingresso, fino a qualche tempo fa adibito a cantina, è rettangolare, a volta, con tre nicchie sulla parete destra che fanno porre un interrogativo circa la funzionalità di esso. Dalle feritoie infatti sembra che potrebbe trattarsi di un muro perimetrale di difesa. Sopra la nicchia centrale è stata costruita l'abside a sbalzo, quasi inserita, senza alterare la maggior parte del muro. Questo vano è sottostante al presbiterio. Sulla parete sinistra, costituita da muratura discontinua, eseguita con materiali di recupero, si apre l'accesso al sotterraneo delle navate della Chiesa. I pilastri, cinque per parete, collegati con le pareti da altrettanti archi rappresentano un elemento interessante per la rifinitura e l'impiego della caratteristica pietra rosa e bianca, comune alle costruzioni narnesi, scavata sul Monte Ippolito, nei pressi di Narni. Ritornando al vano di ingresso in fondo a sinistra, c'è un pertugio scavato nel muro, che immette in un piccolo ambiente, dove si apre una finestrella e da essa puoi ammirare, un pozzo originale, costruito proprio sotto il muro maestro della Chiesa, che viene sostenuto da un pilastro, costituito da un blocco monolitico cubico e da un tronco di colonna cilindrico, su cui poggia un capitello rustico ed un architrave. Una singolare volta di pietra copre tutto il cavio del pozzo cilindrico. Osservando bene si ha l'impressione di una cisterna romana con l'intonaco originale.

La Chiesa di Santa Maria Maggiore è l’edificio religioso che pone più problematiche tra gli altri della città di Narni. Esso si caratterizza principalmente per la sua architettura e per l’antico titolo dedicato alla Madonna che la pone quasi allo stesso livello d’importanza della Cattedrale.

Molto poco si sa sulle sue origini, tanto che le datazioni proposte da vari storici oscillano tra il XI ed il XII secolo.

Di sicuro sappiamo che fu consacrata nel 1148 da PapaEugenio III, il quale aveva consacrato tre anni prima l’edificio dedicato a S. Giovenale. La tradizione vuole che esso sorga nel luogo dove anticamente esisteva un tempio dedicato alla dea Minerva e il riuso di conci calcarei proveniente da un edificio romano potrebbe per lo meno far pensare alla preesistenza di edifici di origine classica. La pianta dell’edificio è resa complessa da aggiunte e manomissioni; ad una lettura dell’edificio appare immediatamente la sua tipologia di carattere basilicale di tipo classico con la navata centrale più alta delle laterali. Una più approfondita analisi ci induce ad osservare un sovra dimensionamento della terza campata dei pilastri. Questa soluzione architettonica ci apre tutta una serie di prospettive sul possibile impianto originale dell’edificio: esso doveva presentare, in corrispondenza di quella dilatazione, o una navata trasversale o quantomeno un transetto.

L’ipotesi di una chiesa a pianta centrale non può non affascinare e sorprendere. L’assunzione di questo tipo di impianto nel medioevo è rarissimo nell’architettura romanica dell’Italia Centrale. Gli esempi pervenuti sino a noi sono ad Ancona con il Santo Ciriaco e la Santa Maria di Portonuovo, e, pensate un po’, a Narni con la chiesa abbaziale di San Cassiano (particolare anche per l’uso dell’arco a ferro di cavallo). Avvalorare l’ipotesi della pianta centrale anche per il nostro edificio, significherebbe rimettere in discussione le origini dell’architettura e dell’arte a Narni. La facciata è tipicamente di ispirazione basilicale si presenta come un vero e proprio palinsesto murario nel quale è appena possibile leggere l’esistenza delle tre finestre caratteristiche del linguaggio architettonico locale e i segni dell’esistenza di un distrutto portico. Tra il complesso mosaico di pietre non è difficile notare la piccola trifora di destra, caratterizzata dall’uso di marmi policromi, mentre una delle sue colonnine sembra ricavata da un arto proveniente da una scultura di origine romana se non addirittura greca. Nonostante che nel XII secolo non fosse in uso firmare le proprie opere, nella lapide posta a sinistra del portale principale, si possono leggere i nomi degli autori.

Una sorta di frontone qualifica il dissestato apparato murario. Esso è sorretto da protomi umane, animali o fantastiche, alla quali rimane difficile attribuire dei significati, magari misterici; esse sembrano riproporre caratteri d’ispirazione francese. La trabeazione classicheggiante è lavorata a palmette. La scultura interviene ancora una volta con i due episodi altamente drammatici dei due animali che alle due estremità del lungo mensolone erompono dalla parete con decisione insolita. In alto, sopra il finestrone settecentesco, un altro brano scultoreo, rappresentato da un’aquila, malamente si collega con il complesso sottostante. Ancora sul campanile emergono due sculture di periodo più tardo: un Cristo benedicente, ed una figura umana con tre volti rappresentante la SS. Trinità.

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Ma il vero protagonista della facciata è il portale centrale. Composto da tre monoliti di probabile provenienza romana, esso è coperto da un arco di scarico a sesto ribassato di materiale marmoreo pregiato che sembra essere collocato a puro scopo decorativo. Tipologicamente questo portale è una vera rarità tanto che se ne riconoscono simili uno in Abruzzo ed un altro in Siria. I tre monoliti diseguali sono interamente lavorati, quasi l’autore fosse pervaso da un terrore dello spazio vuoto. Addirittura gli smussi interni danno vita a minuscoli mostruosi protomi. Al centro dell’architrave domina una croce con terminale a forma di ancora che pare generare il motivo floreale che incornicia i clipei. E’ probabile che quella croce sia intesa come albero della vita. Il resto è tutto un intreccio di girali e figure che avvolgono i tondi con le immagini degli apostoli.

Tutto appare molto scarno, molto poco vivo, quasi una scultura sviluppata su soli due piani verticali, come se l’autore del disegno fosse riuscito a dare una vitalità eccezionale che lo scultore non è stato poi capace a restituire su un materiale difficile da lavorare come la pietra calcarea. Ma se lo sguardo sembra scorrere dietro l’andamento dei girali, questo trova attimi di pausa in corrispondenza di episodi che parlano di animali affrontati, di una salita in cielo di Alessandro Magno, di cinghiali. I clipei sembrano parlare un linguaggio più complesso, gli apostoli esprimono quel sapore di modellazione e plasticità che il resto dell’opera rifiuta. Gli stipiti sono sorretti, come in Santa Maria Impensole, da due telamoni piuttosto malridotti. Piuttosto degradata è l’iscrizione che affianca: (la) EVA/M GRAN/DE PO/NDU/S (f) E/RO (con la destra porto grande peso, la sinistra occorre). Varcare il portale centrale significa introdursi in uno spazio veramente sorprendente. La grandiosità del volume interno evidenzia la diffusione e l’importanza del culto mariano in epoca medievale. Ma stupisce ancor di più, sebbene le premesse della facciata ce l’avessero già suggerito, per la estraneità ai modelli già visti in Cattedrale, in Santa Maria Impensole, nel San Martino di Taizzano. Qui gli archi a tutto sesto che sorreggono la pesante apparecchiatura muraria, poggiano su pilastri cruciformi di chiara ispirazione alverniate, e sorreggono gli arconi trasversali a sostegno delle coperture. La soluzione adottata della navata centrale più alta delle laterali, permette la sperimentata soluzione delle finestre che illuminano il largo corridoio principale.

Ad una più attenta lettura delle murature è possibile individuare le tracce di queste aperture, ma non si possono non notare delle porticine che dovevano concedere l’accesso ad un lungo ballatoio in legno, una sorta di rustico matroneo (spazio riservato nell’antichità alle donne durante le funzioni religiose). Nulla purtroppo rimane dell’antica parte terminale dell’edificio, né di quello che doveva essere il transetto innestato nella navata. Le tre absidi quadrangolari risalgono al periodo in cui la chiesa passò ai domenicani e quindi circa il XIV secolo e sono tipiche dell’architettura degli ordini mendicanti.

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Di particolare pregio è il pavimento alessandrino sopravvissuto solo nella navata di destra; si può notare la pendenza originale di questo pavimento che, oltre che rappresentare simbolicamente l’ascesa al calvario di Cristo, esalta le linee prospettiche dell’interno. Le cappelle laterali risalgono al sec. XV-XIV, a quel periodo della storia in cui si sviluppò l’uso, da parte delle famiglie nobili, di seppellire i propri cari in spazi dedicati ai loro Santi protettori. Sono da riferirsi a quel periodo le prime pitture a fresco: troviamo infatti opere attribuibili al Maestro di Narni del 1409 e alla sua bottega, dipinti di artisti minori, un seguace di Pier Matteo d’Amelia, ed altri autori cinquecenteschi. Nel 1715 furono operati alcuni lavori di restauro e completamento ad opera del Cardinale Sacripanti. La chiesa fu riconsacrata nel 1728.

A questa fase dovrebbero appartenere i peducci sui contrafforti interni, il finestrone di facciata, altre aperture nella zona absidale ed alcuni arredi sacri.

Ultimi studi

Dai recenti scavi si sono trovate interessanti testimonianze

In particolare dalla tesi di :

relatore Dott. Giulio Faustini

tesi :

Chiesa di Santa Maria Maggiore

Si sono fatte delle ipotesi di una preesistente chiesa a Croce Greca sul genere della chiesa dell’Abazia di San Cassiano

Questo grazie anche alle fessiture sulle pareti a metà della navata centrale , che confermano tali ipotesi .

 

Inoltre gli scavi hanno evidenziato una cripta sotto l’abside con affreschi e pezzi di mosaico .

Altro mosaico è stato ritrovato durante i lavori di sistemazione del 2008 della chiesa.

I lavori hanno riportato alla luce vari reperti ancora in fase di studio.

Bibliografia

AA.VV., Francesco d'Assisi "Chiese e conventi", Milano 1982

Eroli, Descrizione delle Chiese di Narni e suoio dintorni, Narni 1898

Grassini, Chiese Romaniche minori del contado di Narni e del Comune Sabino, 1964

 

Cappella di Gattamelata
presso la chiesa di San Domenico

A san Domenico poi troviamo la cappella del Gattamelata con un paio di lapidi che ricordano la famiglia Cardoli che si era imparentata con un’altra figlia del Gattamelata , Cardoli Massei e Cesi , le migliori famiglie narnesi danno i loro rampolli alle figlie del grande condottiero Narnese .sandomenicoagattapart.jpg (62031 byte)

particolare del portale con lo stemma del Gattamelata

ai lati si trovano due lapidi

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la scritta riporta

BALDOVINUS- CARDOLUS

NEPOS – VOVENSET OB

ILLIUS MEMORIA- IN – COMO

DIOREM – VENUSTIO REO

SALUT ANNO-SECTOVI

(MILLI CIAI XBR  forse 1500 ecirca ???)

lateralmente sul lato opposto si legge l'iscrizione

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…ELLO – HOC A – GATTAMELATA

NARN- VECTOR – IMPERATORE-URBIS PATAVII ALIAR

CIVITATIS –VENETAE – DITIONI ADAUTATOR – FODATO –DOTATUQ

La scritta è chiaramente dedicata a Gattamelata da Narni , imperatore

Di Padova città veneta

Da notare l’uso di un simbolo su molte lettere

Ed una piccola scritta che sembra successiva

Expertus in seconda riga prima di Imperatore

 

Famiglia Massei

Giovanni Massei  fece dedicare alle due sorelle Paola e Cristalla, nella chiesa di San Domenico a Narni,  una cappella della natività di Maria Vergine . Oltre alla splendida tomba del figlio Gabriele.

In San Domenico come rilevasi dal testamento 1480 riportato dal Brusoni pag.411.

 Tomba principale in san Domenico

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Sepolcro di Gabriele Massei figlio di Giovanni Massei.

La madre Elisabetta (Figlia di Gattamelata) lo piange per la sua morte in giovane età nel fiore degli anni

Il 23 gennaio 1494 al tempo di papa Alessandro Sesto.

SOLUM MIHI SUPEREST SEPULCRUM

GABRIELE –D-IOHANNIS – EQUITIS- AVRATE-MASSEI- CIVIS

O-NARN-NOB-IN IPSO-ADOLESCENTIAE-FIORE-RAPTO

MAGNO-SUORUM-CIVIUM- DOLORE-ACRI-INGENIO- ELO

QUENTIA-CLARO-CANDORE- ANIMI-MAX-INDOLE- AD

MIRABILIS -FILIO – DULCIS-HELISABET-PIENTIS-MATER

POSUIT …. PRO- DOLOR- ANNO- XVIII M VIII DCLXIX

MCCCCXCIIII (1494) DIE XXIII IANVARII (23 GENNAIO)

ALEX VI PONTIFEX- MAX

 

Famiglia Cardoli

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la cappella Cardoli anticamente portava queste iscrizioni

riprese dal manoscritto Eroli

La famiglia dei Cardoli era piu’ volte riportata anche in altre lapidi

Come ad esempio Andrea Cardoli monsignore e fondatore della

Prima biblioteca narnese la lapide del 1665 dice che mori’ a 65 anni.

Vedi libro dell’Eroli Misc2 da pag 213

Chiese di Narni pag 270 e successive

Nella chiesa di San Domenico troviamo la tomba di Andrea Cardoli morto nel 1665

che come ricorda la lapide posta nella tomba istituì la biblioteca pubblica della città di Narni .

Troviamo inoltre nella tomba del Gattamelata una epigrafe di BALDOVINUS- CARDOLUS

Cappelle Laterali

Partendo dall’alto a destra della navata principale

Troviamo la cappella del Gattamelata

Cappella dedicata a San Pietro per terra giace ancora una pietra marmorea

Sepolcro di Erasmo Cardoli e Vincenza Cardoli anno 1604

In questa cappella c’era la statua era sopra l’altare .

Le succesive cappelle non vengono citate ma si dice che esse contenevano

Delle tele importanti una era la Madonna del rosario fatta dal Borbone

Jac. Borbonius figurabat anno 1611

Invece la prima cappella a destra di chi entra aveva una tela di S. Tommaso d’Aquino

Tale cappella fu fatta da Febo Cardoli come si vede ancora dalla scritta

In cima all’arco sull’esterno MDVIC ( 1594)

Sul lato opposto nella navata sinistra troviamo

Una madonna con bambino che eroli dice sia della stessa mano di un quadro fatto per gli scolopi.

La seconda cappella era dedicata a San Domenico e vi erano delle belle tele ora depredate

Sulla parete sinistra c’era una lapide in onore di Andrea Cardoli .

Andrea Cardoli monsignore e fondatore della

Prima biblioteca narnese la lapide del 1657 dice che mori’ a 65 anni.

La lapide fu posta dai fratelli Onofrio e Cardolo de Cardoli nel 1670

 

Altri affreschi  si trovano nella chiesa di

san Domenico
ora trasformata in auditorium
 
 

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a causa di mostre non è possibile vedere altri affreschi di questo tipo, ma credo di ricordare almeno un altro affresco.

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