Di Giuseppe Fortunati,
ERASMO DA NARNI, DETTO IL GATTAMELATA
Una grande figura come quello del
condottiero Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, (Narni 1370, Padova 1443), evoca
immediatamente il celebre monumento, opera di Donatello, che si affaccia sul piazzale
della Basilica a Padova; e il non meno noto ritratto del Giorgione, a Firenze agli Uffizi.
E ricorda la serenissima Repubblica di Venezia che lo volle Capitano generale, e che
gelosamente custodì la sua armatura e il suo bastone di comando, oggi nel palazzo ducale.
Nato a Narni verso il 1370 da un fornaio
di nome Pietro, detto lo "Strenuo", robusto e infaticabile forse anche nel menar
le mani, egli - secondo un suo biografo Giovanni Eroli - si vide assegnare il nomignolo di
Gattamelata "per la dolcezza dè suoi modi congiunta a grande furberia, di cui
giovossi molto in guerra a uccellare e corre in agguato i mal cauti nemici e pel suo
parlare accorto e mite dolce e soave".
Più semplicemente potrebbe averlo
ricavato, dal cognome di sua madre Melania Gattelli.
Le caratteristiche del suo stemma sono varie, assumono quattro fogge diverse nel corso
della sua lunga carriera di ventura, anche se si impostano sempre su due motivi, tre cappi
che potrebbero essere tre trecce di crini di cavallo, o corregge di cuoio, accostati -
più raramente - da una gatta.
E da ricordare, a tal riguardo, che
sia alla base del monumento equestre di Padova che nella cappella familiare di Narni
(allinterno della Chiesa di S.Maria Maggiore), larme riproduce solo i tre
cappi sopraccitati.
Come soldato si fa le ossa al seguito di Ceccolo Broglio signore d'Assisi, partecipando
però a scaramucce di poco conto per un giovane di notevole prestanza fisica.
Lo nota Braccio da Montone quando ha già
quasi trentanni e lo prende con sè, insegnandogli molte cose, ma la lezione
che apprende di più è l'astuzia e la rapidità.
Porta un'armatura fatta di 134 pezzi alta
206 centimetri per 122 di torace e 74 di spalle, pesante 49 chili: la si può ancora oggi
ammirare a Venezia, allinterno del Palazzo Ducale.
Con Niccolò Piccinino è il più in
vista dei Bracceschi, nel 1410 si sposa con Giacoma Bocarini Brunoli di Leonessa, sorella
di un compagno d'arme dei tempi di Ceccolo Broglio, gli nascono sei figli di cui un solo
maschio di nome Giannantonio.
Lo troviamo sotto l'Aquila nel 1424 nella battaglia che vede la sconfitta dei Bracceschi,
fatto prigioniero, riesce a fuggire ed a unirsi al Piccinino, e a Oddo Fortebracci che con
i superstiti Bracceschi, si mettono al servizio di Firenze nella guerra contro Filippo
Maria Visconti.
Il suo carattere tranquillo piace al
pontefice Martino V, che lo prende al suo servizio nel 1427, gli occorre un poliziotto che
gli ripulisca, l'Umbria, l'Emilia e la Romagna dagli irrequieti signorotti.
Il Gattamelata porta con sè l'amico
Brandolino Brandolini di Bagnocavallo, suocero di sua figlia Polissena, e inizia una
settennale condotta senza particolari pericoli, in fondo ormai a quasi sessanta anni e non
potrebbe avere altre condotte.
Nel 1432 deve riprendere il castello di
Villafranca presso Imola, ci va con pochi soldati, fa avvertire il castellano di essere
venuto per pagare il riscatto di alcuni prigionieri, ma, appena entrato con la piccola
scorta, getta sul tavolo i ducati, e mentre questi sta curvo nel contarli i suoi soldati
lo arrestano.
Al nuovo papa Eugenio IV però un
condottiero così non va; per la marca d'Ancona scorazza Francesco Sforza, dalla Romagna
cala Niccolò Piccinino, e in Umbria c'è Niccolò della Stella, il pontefice scappa in
Toscana e non paga le milizie del Gattamelata, lo farà di contro Venezia, alla quale
piace il suo temperamento tranquillo.
Siamo nel 1430, nella nuova guerra contro
il Visconti, all'abbandono del comando da parte del Gonzaga, Venezia affida al Gattamelata
il comando unico, la grande dote di questo condottiero giunto in tarda età al comando
supremo, è quella di non avere ambizioni politiche, e di essere fedele allo stato in cui
serve.
Da Brescia tenta delle sortite per
superare l'accerchiamento cui è sottoposto dal Piccinino, per arrivare a Verona, non ci
riesce ma nel settembre del 1438 riesce a fare il periplo del Garda e può arrivare a
Rovereto.
E' una delle azioni più scaltre che
mandano in bestia il Piccinino, ora il Gattamelata ha il problema di foraggiare la città
assediata, alcuni tentativi non riescono, allora il Gattamelata ha un'altra idea
astuta, fa risalire l'Adige a cinque triremi e venticinque barche, poi li carica sui
muli e li fa arrivare a Rovereto, l'impresa è condotta in porto dal suo vice Bartolomeo
Colleoni.
Con l'ingaggio di Francesco Sforza nei
primi mesi del 1439, le cose per Venezia migliorano, nell'inverno del 1439 il Gattamelata
è colpito da due attacchi di apoplessia sul lago di Garda, con un burchiello il
settantenne capitano è portato a Verona, migliora ma con la guerra ha chiuso; la
Serenissima gli toglie il comando generale.
Vivrà in pratica da pensionato, continuando a percepire il soldo della condotta, ma non
sarà più in attività, sarà poi chiamato a far parte della nobiltà veneta, con
privilegi e poteri dei nobili.
Alla fine del 1442 si ritira a Padova
dove muore il 16 gennaio 1443 e viene sepolto nella basilica del Santo con solenni
funerali di stato, alla presenza del doge.
La famosa statua di Donatello a Padova fu
fatta erigere dalla moglie e dal figlio a proprie spese, dopo il consenso della Repubblica
nel 1453.
Luoghi del Gattamelata a Narni
- Via Gattamelata, la casa: in cui si legge la scritta
" Narnia me genuit Gattamelata fui ";
- Via Gattamelata, tratto di antiche mura dette Cavaliere;
- Chiesa di san Domenico, oggi biblioteca comunale, ex
Cappella di san Bernardino o di santa Rosa da Lima;
- Palazzo comunale, busto, copia dal monumento del
Donatello;
- Palazzo vescovile, copia di dimensioni ridotte dal
monumento del Donatello
- Palazzo comunale, Ritratto del Giorgione, copia di Pietro
Camuccini di Scarperia, sec. XIX°, voluta dal marchese Giovanni Eroli;
- Vicolo del Moro, Ristorante "Il Gattamelata".
Altre citta in cui ci sono tracce
del Gattamelata.
|