Chiostro Sant'Agostino
Narni, complesso di sant’Agostino: CHIOSTRO
Durante le giornate del Fai organizzate a Narni dalla Associazione ViviNarni
Giornate del FAI a Narni Sabato 27 Marzo 2010, Domenica 28 Marzo 2010
Uno dei
luoghi di interesse maggiormente studiati e visitati è stato il
Chiostro della chiesa di Sant'Agostino
Studiato dal gruppo
di lavoro
composto da:
Fortunati Mariangela, Simone De Turres, Fortunati Giuseppe,
Di Loreto Claudio.
In tale occasione si fece un primo studio approfondito, su tutto il
complesso ed in particolare sulle 33 lunette affrescate che
abbelliscono il Chiostro.
Il
chiostro del convento di sant’Agostino di Narni fu ampliato nell’anno
1693 sulla base di una struttura preesistente probabilmente coincidente
con il lato sul quale sono tuttora visibili lacerti di affreschi del
1400, raffiguranti una santa martire e san Leonardo di Tongres,
protettore dei carcerati, per volontà e a spese di padre Giovenale
Sisti, Vicario Generale dell’ordine agostiniano, come si legge in una
targa sormontata da stemma araldico presente tra due archi “CLAVSTRVM
HOC FVNDITVS SVIS SVMTIBVS EREXTIT P. B. IVVENALIS SISTI NARN. AD 1693”.
L’apparato
decorativo del chiostro dell’ex convento di sant’Agostino di Narni è
costituito da trentatré grandi lunette affrescate, forse opera dello
stesso artista che ha realizzato molte pitture all’interno della
chiesa, da più studiosi individuato nel narnese Federico Benincasa,
raffiguranti “Storie della vita di santi e beati agostiniani”, eseguite
nel corso del sec. XVIII.
Più precisamente si hanno otto lunette
sulla parete nord-ovest, otto su quella nord-est, otto su quella
sud-est, sette su quella sud-ovest, una sopra il portone di accesso ed
una sulla parete alla destra di quest’ultimo.
Partendo dalla parete con ingresso all'Ex asilo
la prima lunetta a destra .....
Narni, complesso di sant’Agostino: CHIOSTRO
Il
chiostro del convento di sant’Agostino di Narni fu ampliato
nell’anno 1693 sulla base di una struttura preesistente
probabilmente coincidente con il lato sul quale sono tuttora visibili
lacerti di affreschi del 1400, raffiguranti una santa martire e san
Leonardo di Tongres, protettore dei carcerati, per volontà e a
spese di padre Giovenale Sisti, Vicario Generale dell’ordine
agostiniano, come si legge in una targa sormontata da stemma araldico
presente tra due archi “CLAVSTRVM HOC FVNDITVS SVIS SVMTIBVS
EREXTIT P. B. IVVENALIS SISTI NARN. AD 1693”.
L’apparato decorativo del chiostro dell’ex convento di
sant’Agostino di Narni è costituito da trentatré
grandi lunette affrescate, forse opera dello stesso artista che ha
realizzato molte pitture all’interno della chiesa, da più
studiosi individuato nel narnese Federico Benincasa, raffiguranti
“Storie della vita di santi e beati agostiniani”, eseguite
nel corso del sec. XVIII.
Più
precisamente si hanno otto lunette sulla parete nord-ovest, otto su
quella nord-est, otto su quella sud-est, sette su quella sud-ovest, una
sopra il portone di accesso ed una sulla parete alla destra di
quest’ultimo.
Le lunette rappresentano gli episodi più importanti della vita
di san Nicola da Tolentino e di sant’Agostino, oltre ad una serie
di raffigurazioni di altri santi e beati cari all’ordine
agostiniano.
Tra questi sono identificabili le figure del beato Egidio ed
Alessandro, Gelasio ed Antonino, Guglielmo, san Tommaso da Villanova,
Giovanni hispanico, santa Chiara da Montefalco, santa Rita da Cascia ed
Amelia.
San Nicola da Tolentino è considerato un pilastro dell’ordine Agostiniano.
Marchigiano, il suo nome deriva da quello di san Nicola di Bari al
quale i genitori avevano chiesto la grazia per la sua tardiva nascita,
nel 1245.
Aderì giovanissimo agli eremiti di sant’Agostino
offrendosi interamente alla preghiera ed alla penitenza.
Dall’eremo di Pesaro, dove trascorse alcuni anni, si
trasferì a Tolentino, dove restò fino alla morte.
Nonostante l’insistenza delle persone a lui più care egli
preferì non spostarsi mai dal convento di Tolentino, anche per
la visione di “...venti giovani dal volto splendente, bianco
vestiti, che cantavano: A Tolentino sarà la tua fine. Resta qui,
la tua salute è qui”.
Anche da malato rifiutava cibi delicati. Per poterlo curare i suoi
confratelli furono costretti a pregare il Superiore di imporgli la
dieta per obbedienza.
La sua fantasiosa biografia, redatta dopo la morte raccogliendo le
più devote narrazioni sulla sua vita, ci racconta del tentatore
che si accanì contro di lui con ogni sorta di seduzioni e di
persecuzioni che il santo sempre superò con la penitenza
più aspra e la preghiera più intensa.
Il
ciclo riguardante san Nicola da Tolentino, i cui attributi iconografici
sono costituiti dalla stella sul petto, il libro delle regole ed il
giglio, prende spunto dalle scene di quello della cappella a lui
dedicata proprio a Tolentino, affrescata nel corso del 1300 da Giovanni
Baronzio da Rimini, paragonata alla cappella degli Scrovegni di Padova
e definita “gli Scrovegni delle Marche”, presenta
otto lunette delle quali oggi soltanto cinque ancora ben visibili.
Su queste si possono leggere l’episodio delle braccia recise ad
un monaco tedesco (Braccia se ben recise o quì restate se con
voci di sangue a noi parlate), quello in cui il santo sostiene e
riporta in vita due giovani impiccati (Benché sospesi ed a
più rami avvinti fa ritornare in vita anche gli estinti), quello
dove rifiuta il cibo recatogli dai suoi confratelli ridando vita alle
pernici (Per non prender come torto al tuo gran duolo rendi accotte
pernici e vita e volo), un’altro con riferimento al paradiso (Se
attento alle altrui pene io volgo il viso cangia il limbo e
l’inferno in paradiso) e l’ultimo con riferimento ad un
“Eroe del Piceno” (Dell’eroe del Piceno i sacrifici
tolgon l’alme purganti all’ire uffici).
Gli
episodi della vita di san Nicola da Tolentino proseguono oltre
l’angolo con una serie di altre otto lunette di difficile
interpretazione ma che dovrebbero ricondurre ad episodi della vita del
fondatore dell’ordine agostiniano, appunto sant’Agostino.
Nato in africa nel 354 da padre pagano e madre cristiana, Agostino da
Tagaste fu inquieto fin dall’infanzia per malizia precoce; poi in
adolescenza per le passioni giovanili, da ragazzo per le ambizioni e,
nella maturità, per l’insoddisfazione dell’eresia.
Ma a Milano, nel 386, maestro di retorica, in un afoso pomeriggio
d’estate accadde qualcosa; udita la voce insistente di un bimbo o
di una fanciulla che lo invitava a leggere “...afferrai il libro
dell’Apostolo e lessi il primo capitolo che mi capitò
davanti: Non nella crapula e nell’ubriachezza, non nella lussuria
e nell’impurità, non nel litigio e nell’invidia, ma
rivestitevi del Signore Gesù e non vi fate travolgere dalla
carne e dalle sue concupiscenze”.
Quel giorno segnò la “conversione” di
sant’Agostino che, a trentatré anni trovò
finalmente la pace del cuore nell’adesione alla dottrina di
Cristo e nella pratica della virtù.
Fu battezzato da sant’Ambrogio e, tornato in africa, venne consacrato presto sacerdote e quindi Vescovo d’Ippona.
Il suo libro più famoso e più letto sono le
“Confessioni”, nelle quali egli mette a nudo il proprio
cuore davanti al signore.
Nel 410 il re barbaro Alarico aveva preso Roma e l’impero che
sembrava eterno stava invece per crollare. Sant’Agostino scrisse
allora la sua “Città di Dio”, affermando che Roma
poteva cadere in mano ai barbari ma la “Città di
Dio” non sarebbe mai stata sradicata dal cuore degli uomini.
In questa serie di otto lunette si può leggere un solo
cartiglio: “Mirate pur la gloria alma e gradita mentre godete il
paradiso in vita”.
Il
ciclo prosegue con una serie di altre otto lunette ancora raffiguranti
episodi importanti della vita di sant’Agostino; nella prima si
legge “L’eresia vinta al grande eroe già cade e i
nostri fior fanno base al piede”.
La seconda reca una finestra centrale affiancata da due santi, che
sormonta uno stemma identico a quello, scolpito in pietra, presente nel
chiostro; al di sotto di questo l’iscrizione recita “Queste
vostre preghiere faran grande Agostino in........”.
Il cartiglio della terza lunetta, dove Dio dialoga direttamente con il
santo, reca la seguente scritta
“Non può capire un
intelletto umano d’un dio ch’é trino e sol
l’eccelso arcano” che rimanda alla Trinità di Dio,
costituito da Padre, Figlio e Spirito Santo.
Sulla quarta si prosegue con “Tanto è ver che l’orar
con puro zelo può tramutar l’istesso inferno in
cielo”.
Nella quinta lunetta si vede il santo infermo a letto che cura, ponendo
la mano sul capo, un vescovo malato. Ed infatti il cartiglio recita:
“Questo di santità mostro affricano ha la salute altrui
nella sua mano”.
La sesta ritrae sant’Agostino impegnato in un dialogo con un
angelo, inginocchiato ai piedi di un altare con le insegne di vescovo;
nel cartiglio “E’ questo d’Agostin l’invitto
cuore ch’alberga la virtù scaccia l’errore”.
La lunetta successiva mostra un gruppo di fedeli malati chieder grazia
e perdono al santo, sospeso tra le nubi. L’iscrizione ricorda che
“Chi vuol sanar con memorando esempio del grande eroe
d’Hippona entri nel tempio”.
Le cattive condizioni della ottava ed ultima lunetta di questo lato del
chiostro non consentono una chiara interpretazione della scena. Sul
cartiglio si riesce a leggere “Soffrino pure al ciel
vittime.......santi dan sepoltura ai lor devoti”.
La prima lunetta della parete successiva è forse la più
ricca e complessa del ciclo, con molti riferimenti espliciti alla
maestosità del profilo di sant’Agostino, assiso in trono
nell’atto di ricevere la mitra vescovile da due angeli e
circondato da discepoli, religiosi, fedeli e personaggi vari. Purtroppo
quasi illeggibili le frasi riportate sul libro e sul cartiglio.
La lunetta successiva reca le figure di due personaggi cari
all’ordine, Gelasio ed Antonino, il primo in abiti vescovili ed
il secondo con la palma del martirio.
Anche la terza lunetta ricorda un’altro esempio di
santità, san Guglielmo di Montevergine. La sua iscrizione recita
“Guglielmo non temer la turbaria balsami per sanarti ha .....
Maria”
San Tommaso di Villanova è il vescovo ritratto nella successiva
lunetta, un uomo la cui vita è stata spesa nella carità
verso i più poveri e diseredati, ed infatti la scena ritrae il
santo intento a distribuire aiuto alla folla di bisognosi che si
accalca davanti a lui.
La sua iscrizione dice “Da Tomaso
apprendete alti pastori che i poveri son vostri tesori”.
La quinta opera parla di un miracolo compiuto da Giovanni hispanico che
salvò una giovane da morte sicura per annegamento.
La sua
epigrafe recita così: “Dell’ispano Giovanni acqua
gradita che invece di rapir salva la vita”.
La
penultima lunetta ricorda Chiara da Montefalco, importantissima santa
monaca del sec. XIII. Una vita votata all’amore per Cristo, tanto
che alla sua morte si vollero vedere i segni della passione impressi
sul suo cuore.
La sua epigrafe riporta “Chiara per bene amare il
tuo signore hai la triade nel fiel la croce in cuore”.
L’ultima lunetta del lato raffigura santa Rita da Cascia nell’atto di ricevere la spina di Cristo nella fronte.
Si legge “Rita del cielo per la via divina altri chiedon le rose e tu la spina”.
La penultima lunetta del ciclo ricorda Amelia, altra figura importante
dell’ordine agostiniano, nota ed invocata per la protezione dei
bambini e degli infanti. Infatti sotto alla scena di madri imploranti
si legge
“La gran luce d’Amelia ha per suoi vanti sottrar
da spirti rei teneri infanti”.
L’ultima
lunetta, quella sulla porta d’accesso al chiostro è
purtroppo quasi inintelligibile ma riporta elementi e figure
riconducibili alla dottrina di sant’Agostino, fondatore
dell’ordine e dichiarato Dottore della chiesa.
Il ciclo si conclude con due piccole velette ai lati di un portalino,
dalle quali appaiono due ritratti sacrificati all’interno di uno
spazio troppo stretto. Sono quelli di un beato Alessandro e di un Beato
Egidio, morto nel 1463.
Sull’arco di una porticina di accesso ad altri ambienti,poi,
è tuttora possibile leggere: “A te grande Agostino lascio
la cura della chiesa mia sposa unica e pura”.
Chiesa Santo Agostino
Giornate del Fai a Narni 2010
Chiostro
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