Famiglia
Ridolfini
I RIDOLFINI, erano
antichi nobili del
castello di Striano (località situata tra Calvi dell'Umbria
e
Magliano Sabina), feudatari di quel castello (ora diroccato) venuti con
Carlo Magno dalla Germania nel secolo XIII come dicono i genealogisti.
Tuttavia si hanno sicure notizie di un Giovanni 1°, vissuto nel
secolo XIV, dal quale si formò lo stipite RIDOLFINI DI NARNI
(Eroli - Miscellanea storica Narnese volume II pagina 199).
Li troviamo poi in Bologna e,
meglio ancora,
troviamo Antonio Rodolfino, vicario generale di Vespasiano Gonzaga
Colonna, Duca di Sabbioneta nel 1583 e 1588 (Archivio Storico
Gentilizio). Questi rami probabilmente ebbero comune origine con quello
dell'Architetto Rodolfino (Domenico Ridolfini n.d.t.) nato a Camerino.
(brano tratto da "f.f. Daugnon - Gli Italiani in Polonia dal IX al
XVIII secolo).
Via Rodolfini (Ridolfini) nella cittadina di Sabbioneta (MN)*
Con questo Toponimo si è voluto ricordare un'importante
famiglia
Sabbionetana di cui i personaggi più illustri furono:
Alessandro Rodolfini (SEC.XVI) detto "Il Sabbioneta" - Scrittore e
Poeta Latino; lasciò una cronaca sabbionetana che
abbracciava
due secoli e mezzo di avvenimenti, dal 1250 al 1492. Lasciò
pure
una commedia di cui conosciamo solo il titolo: "Momus novus". E' noto
anche per una raccolta di poesie latine: "Ludricum poeticum ad
Ludovicum Marchionem de Gonzaga Sabbionetae Principem". Appartenne alla
numerosa schiera degli umanisti che sono vissuti, più o
meno,
alle corti gonzaghesche o nei numerosi conventi.
Ludovico Rodolfini (SEC. XVI) - LETTERATO - UMANISTA - UOMO DI GOVERNO.
Autore di molte pregiate opere , tra le quali "Braccio secolare ed
ecclesiastico". Fu uditore di Vespasiano (Vespasiano Gonzaga Colonna
n.d.t.) e, con tale carica ebbe incarichi giudiziari e diplomatici. Fu
anche Podestà al servizio dei Gonzaga, di Castiglione delle
Stiviere. Morì nel 1662.
Antonio Rodolfini - Fiscale di Vespasiano, citato nel suo testamento.
Clemente Rodolfini - Capo di una rivolta contro i Gonzaga nel 1436.
*Brano trascritto dall'elenco delle Vie di Sabbioneta (MN) - Pag. 23 -
trasmessomi dall'ufficio Anagrafe del comune di Sabbioneta nel dicembre
1997.
Brano tratto da Storia di Macerata pag.151/152
Agli Osservanti nel 1458, lasciò una buona
eredità Pietro di Battista (111/a).
(111/a) Entrò nell'Ordine nel luglio del 1458 dopo un
colloquio
con S.Giacomo della Marca , (Ref. n 29, c 37 t) Con testamento 24
luglio per gli atti di Lorenzo di Giuliano (AP, Maleficiorum n.703 cc.
14 ss.) lasciò le terre che poi vennero vendute ai
Conventuali
il 28 novembre 1459 (ivi) Sembra fosse un Ridolfini.
Proseguendo le mie ricerche, ho trovato altri rami che prendono origine
da località pur vicine ma apparentemente senza collegamenti
tra
di loro, come per esempio ho trovato un personaggio molto interessante
a Camerino, dove per la sua importanza storica gli è stata
intitolata una via.
Ridolfini Domenico (Ingegnere militare del XVI secolo. Storia della
Città di Camerino pag. 277.) condottiero di gran nome, e
chiaro
per la scienza militare, non solo, ma bensì per la
invenzione di
alcuni fuochi artificiali a guisa di bombe, e granate che avevano
effetto di mina.
Ebbe grado di primo ingegnere dell'esercito di Stefano Battory Re di
Polonia nella guerra contro il Re di Moscovia (1570), Scrissero di lui
Promis, De Castro e Santoni.
Apag. 417 dell'Archivio Storico Italiano fondato da G.P. Vieusseux Tomo
XXV Anno 1877 in Firenze si legge:
Domenico Ridolfino Camerte
Ingegnere militare del secolo decimosesto
Notizie di Sua Vita e lettere inedite
per
M.Santoni
Del Camerte Domenico Ridolfini e delle sue imprese militari in Polonia,
circa l'anno 1580, scrissero brevi e vaghe parole gli autori che
narrarono le guerre di quei tempi e di quella nazione.......
Il Santoni descrive poi il ritrovamento nella Biblioteca Comunale di
Camerino di trentadue lettere inviate dal Ridolfini a parenti ed amici
qui in Italia, oltre a patenti diplomi rilasciati al celebre colonnello
e ingegnere italiano.
........Egli di nobilissima stirpe, che si riannodava alla linea dei
Varano, risalendo sino a Gualtieri, signore di Urbisaglia nel XII
secolo, ebbe a genitori Enea e Francesca Cruciani, sposatisi il 18
gennaio 1505, giorno esattamente notato a cagione della presenza di
Giovanni Maria Varano, signore di Camerino, a quella domestica
solennità, in un diario di Pierantonio Lilii, con queste
parole
<< Lo ill.mo sig Jo. Maria , et l'ill.ma madonna Maria
andarono
ad un egregio paro di nozze dellu figliolo di messer Domenico de
Ridolfini >>. E il nostro Domenico, che ritenne il nome
dell'avo,
nacque nel 1533, e sembra che fosse il minore tra molti altri; una sua
germana per nome Isabella fu maritata a Gio. Battista Lilii bisavolo a
Camillo il noto scrittore della patria istoria......
Nel 1541 Enea fu ucciso a tradimento ed il piccolo Domenico
meditò per due anni la vendetta sino a che nel 1546 uccise
l'assassino del padre che era un nobile con aderenze e potere e fu
costretto a fuggire rifugiandosi alla corte di Urbino dove regnava
Giulia di Varano, già duchessa di Camerino e moglie di
Guidobaldo della Rovere. Molti nobili, fedeli all'antica dinastia, ne
avevan seguito l'ultimo rampollo in questa novella dimora. Francesco
Porfiri, confidente del Duca e Niccolò Cambi suo Vicario ed
Ambasciatore erano Canerinesi e se non congiunti, certo famigliari
assai coi Ridolfini.
A questo punto Santoni narra che Domenico, con il favore di costoro,
divenne molto esperto nell'arte militare e soprattutto alle opere di
fortificazione e di architettura guerresca nonchè della
artglieria e della balistica. Erano molto ricercati dai sovrani d'
Europa che seguissero le tradizioni di Leonardo da Vinci, del Serlino,
del San Gallodel Commandino, del Sammicheli e del Cellini.
Stefano Battory, principe di Transilvania eletto nel 1575 re di
Polonia, aveva chiamato dall' Italia i fratelli Della Genga, che erano
di Urbino, come capitani d'arme e ingegneri di guerra. Il 20 dicembre
1579, Domenico Ridolfini prese il mare ad Ancona, il 28 era a Venezia
ed il 28 gennaio giunse a Vienna, raggiunse quindi l'esercito che
stanziava nei quartieri di Vilna ed il 5 febbraio arrivò a
Cracovia.
Segue la trascrizione delle trentadue lettere,alcune inviate dalla
Polonia altre a lui dirette (sono conservate nella Biblioteca Comunale
di Camerino assieme ad altra documentazione, patenti e diplomi) nelle
quali Domenico parla delle operazioni belliche intraprese contro
l'esercito di "Ivan Basilide, Granduca di Moscovia, terribile di
soprannome e di fatti; e più che terribile feroce e
crudelissimo." Una lettera gli Viene inviata da Roma il 16 aprile 1580
dal celebre condottiero Latino Orsino. Nelle altre si narra di episodi
tipici delle battaglie di quei tempi, in località quali
Vieliza
o Wliz città posta sulla Duna, Newel, Toropec, Zavolotze,
Vilna,
Riga, Grodno, Cracovia e molte altre. Partecipò alle
trattative
di pace che il Pontefice Gregorio XIII avrebbe desiderato tra Stefano e
Ivan per convincerli assieme ad opporsi ai turchi che minacciavano le
frontiere cristiane, ma la missione, guidata dal Gesuita P. Antonio
Possevino, non ebbe risultato positivo ed il Pontefice
richiamò
il suo ambasciatore in Italia.
L' ultima lettera del Ridolfini è scritta da Varadino al
Nunzio
di Polonia, Monsignor Alberto Bolognetti il 25 novembre 1582, nella
quale narrava la sua intenzione di ritornare presto a Camerino, dopo
avere fortificato alcuni castelli in Ungheria, ma la morte lo colse sul
finire del 1584 e della stessa parla Giovan Battista Lilii, marito dell
sorelle di Domenico in una lettera inviata al Re di Polonia il 7 maggio
1585, nella quale dice di avere appreso della morte del Ridolfini dal
Vescovo di Camerino Girolamo Vitale de' Buoi allora nunzio pontificio
in Polonia e che affidava la protezione dei figli di Domenico al re
Stefano il quale però morì di un attacco di
epilessia nel
dicembre 1586.
Il Santoni continua " Similmente velato dal mistero, giusto il costume
di quei tempi, ci venne dagli antichi descritto il trovato delle palle
messe in uso dal nostro Colonnello per attaccare il fuoco e far saltere
in aria i castelli di legname dei Moscoviti. Egli le chiamò
palle infocate, altri le disse fuochi artifiziali , il Benigni palle di
artilleria che gittavano foco alcune delle quali facendo effetto di
mina; e Natale Conti più partitamente descrissene la forma
in
questa guisa: l' invention fu tale che sparassero le palle accese in
quei legni secchi, le quali portassero in un tempo istesso il fuoco et
il fracasso......." Segue poi una minuziosa descrizione dell'effetto
dirompente di tali proiettili che non è il caso qui di
riferire.
Cappella Ridolfini
nel Duomo di Narni
dipinto di Livio Agresti
Notizie sulla gente di Narni
(Rodolfini - Ridolfini - De Rodelphinis)
• Giovanni signore di Sriano
1300 - 1350
• Antonio di Giovanni 1380
• Giovanni di Antonio marito di
Francesca Marzi 1415
• Giorgio di Giovanni 1415 -
1437, creato Conestabile di S.R.C. - detto Giogio di Narni
• Battista di Giovanni capitano
della rocca di S.Donato di Bologna 1433 - 1456
• ( i Ridolfini nel 1434 erano
conti di Civitella e Civitucola )
• Onoria moglie di Pietro Paolo
Vannelli 1418 - 1434
• Battista rettore dell'ospedale
nel 1459
• Giovanni di Battista 1467
sposò Anna
Alfani della Staffa. In seguito il patrimonio degli Alfani
passò
ai Conestabili
• Vincenzo ?
• Chiara di Vincenzo moglie di
Giustino di Piero Orga
• Ostilio 1513 prese il nome di
Conestabile
• Giambattista 1522
• Pierangelo 1532
• Gerolama di Pierangelo, moglie
di Latino Orga 1530 - 1543
• Gerolamo 1543 - 1570
• Chiara ?
• Giorgio ?
• Antonio di Giorgio?
• Ostilio di Gerolamo 1640
• Raffaele, marito di Maria
Camellani ( il
patrimonio Camellani passò ai Ridolfini Conestabili - 1647 -
così ancora quello dei Mangoni)
• Bernardo 1572
• Ottavio notaro 1575 - 1593
• Ottaviano notaro 1578 - 1593
è forse lo
stesso cho Ottavio; era uno dei tre rettori del monastero di S.Luca nel
1578
• Orsino 1598
• Filippo 1615 - 1664
• Cassio, Canonico aveva il nome
di Conestabile, olim (abitualmente) Ridolfini
• Dionisio, Vescovo 1750 -
1806 ( vedi documenti relativi )
• Agesilao 1789 ( Agesilao
Conestabile trasferì la famiglia a Perugia )
• Giovanni di Agesilao
Fonte bibliografica: Edoardo Martinori: repertorio storico delle
famiglie narnesi e di personaggi nei quali, per la maggior parte si fa
menzione nella Cronistoria Narnese ( vedi manoscritto n. 2223 G. Eroli
repertorio delle famiglie narnesi - incompleto.
Cappella Ridolfini
nel Duomo di Narni
dipinto di Livio Agresti 1560
Nel 1434 Papa Eugenio IV concesse in enfiteusi i castelli di Civitella
e Civitucola ai nobili Giorgio e Battista Ridolfini da Narni, con i
quali aveva un debito di 5000 fiorini a titolo di stipendio per i
servigi resi dai due condottieri durante la battaglia di Bracciano
contro il Fortebraccio.
Tale concessione fu revocata nel 1446 ma senza alcun effetto,
infatti, nel 1448 i suddetti castelli furono ceduti dai Ridolfini ai
Monaci di San Paolo per la somma dì 2000 ducati.
Nel XV secolo adeguamenti delle murature alla potenza delle armi da
fuoco, portarono all'aggiunta ai bastione di un baluardo pentagonale
rivolto verso l'attuale piazza San Giacomo.
Nella seconda metà del XV secolo fu costruito il palazzetto
residenziale che affianca il castello.
Nel 1924 un restauro rimosse la copertura di tegole che deturpava il
coronamento dei merli.
Lavori eseguiti nel 1969 dai monaci con contributo governativo
rafforzarono la muratura esterna e i conci. Nel 1998, grazie
ai fondi stanziati dalla
Regione Lazio, il
castello è stato acquistato dal comune e restaurato.
Successivamente, nel 2000, è stato finanziato dalla
Provincia di
Roma un completamento dei lavori esterni della rocca, quali, il
monumento ai caduti, il fossato e l’annessa porta civica,
tesi
alla valorizzazione del grande patrimonio storico culturale che
è in esso.
Caratteristiche architettoniche
Il castello sorge in una posizione strategica di controllo
della
valle del Tevere. Inoltre la funzione di fortilizio militare appare
chiara dalla struttura della rocca quadrilatera (lunga circa 32 metri,
larga l3m e alta 20m) che presenta rafforzamento delle mura nella parte
bassa; un’accentuata- sporgenza del bordo superiore delle
mura;
ampli merli; assenza originaria di finestre (quelle che si possono
osservare sono state aperte in epoca recente, anticamente
c’erano
solo strettissime aperture).
Il Monastero di San Paolo era sotto la protezione dello Stato
Pontificio quindi la merlatura del castello è guelfa,
diversa da
quella ghibellina a coda di rondine. I massicci merli rettangolari
hanno una distanza l’uno dall’altro sufficiente a
permettere il lancio di sassi e frecce e lo scarico di olio bollente
sui nemici assedianti. Un merlo si ed uno no c’è
una
feritoia a difensivo ed offensivo: essa serviva a vedere ed a
non
essere visti.
Sul terrazzo del castello c’erano due punti di osservazione
strategica, uno dei quali sulla torre.
Il castello formava un tutt’uno con un sistema di mura,
torri, torrette e bastioni che circondava l’abitato.
Anticamente l’accesso al borgo era possibile per mezzo di
Porta
Capena o grazie all’ingresso principale della fortezza munito
di
ponte levatoio in legno, che si alzava e si abbassava sopra il fossato
che girava tutt’intorno. Oggi il ponte è stabile,
i
cardini sono ancora visibili sugli stipiti della porta.
Quest’ultima è sovrastata da un ornamento rifatto
nel 1800
ad opera del muratore Giacomo Ricci, come testimonia
I’iscrizione
in latino sopra l’ingresso. L’ornamento presenta lo
stemma
di San Paolo: un braccio armato di spada; ed è sormontato
dalla
corona baronale, di cui furono insigniti nel XV secolo gli abati del
monastero dì San Paolo dal re d’Inghilterra,
protettore
della basilica.
Oltre passata la porta, si accede nel cortile dove si trovano alcuni
reperti archeologici rinvenuti nel territorio civitellese:
due bassorilievi provenienti dalla località Miciano, uno in
pietra, l’altro in marmo, forse appartenenti ad un tempio
romano;
un cippo funerario diviso a metà, frontone di una tomba
romana
di periodo imperiale, rinvenuto in località Monte lello; ed
un
altro cippo funerario.
Sulla facciata del cortile, in occasione dei lavori di restauro del
1969 sono venute alla luce una finestra ed una nicchietta,
probabilmente l’inizio di un camminamento nel muro verso la
torre
quadrata.
Sul portoncino centrale un’ iscrizione in latino ricorda che
nel
1852 l’abate ed i monaci resero agibile il palazzo abbaziale,
in
gran parte disabitato.
L’entrata immette in un ampio salone di ricevimento il cui
soffitto presenta un sistema di volte in pietra e stipiti
anch’essi in pietra. A tale salone sono annesse due stanze
più piccole. Scendendo al disotto del pian terreno, per
mezzo di
una scala a chiocciola, si arriva in un salone sotterraneo,
anch’esso con sistema di volte, probabilmente riservato alla
soldataglia. Vi si accedeva direttamente da una porta di servizio, ora
murata, che si apriva sulla scalinata di Via Verdi.
Risalendo la scala a chiocciola, che ruota attorno ad una colonna di
mattoni, si giunge al primo piano, dove c’è un
terzo
salone, avente soffitto a volte, con annesse due stanze.
Salendo ancora si arriva al terrazzo.
Quest’ala del castello è collegata
all’altra tramite
uno stretto corridoio che conduce in due stanze con alto soffitto a
volte. Il castello è affiancato dal palazzetto residenziale,
costruito tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo, e che ingloba
l’adiacente Chiesa di Santa Marìa. La maggioranza
delle
sale di tale edificio presenta soffitti a cassettoni di legno; quelli
della stanza al piano terra sono decorati con dipinti raffiguranti
putti, cornucopie e ghirlande. Il loggiato del palazzetto si affacciava
forse su di un giardino pensile, poi coperto per esigenze di spazio.
Il palazzetto residenziale, che per molti anni ha ospitato le suore
Battistine e l’asilo, dopo l’acquisto da parte del
comune
ed il restauro, è diventato, provvisoriamente, sede del
municipio.
http://www.comune.civitellasanpaolo.rm.gov.it/pagina/il-castello-medievale-0
Tra il 1508 e il 1515 Fra Paolino si spostò
continuamente
tra il convento fiorentino di S. Marco e quello di S. Domenico a
Pistoia, che aveva aderito alla riforma savonaroliana fin dal 1500, e
dove stabilì successivamente la sua residenza fissa. Al 1513
sono documentate le sue prime opere, oggi disperse, due sculture in
terracotta policroma, S. Domenico e S. Maria Maddalena, eseguite per il
convento domenicano della Maddalena alle Caldine presso Firenze
(Marchese, 1854, pp. 234 s.), e l’anno dopo Fra Paolino fu
verosimilmente uno dei «dua discipuli» che
affrescarono con
Fra Bartolomeo alcune perdute Storie dei santi Padri nello stesso
convento (cfr. Marchese, 1854, p. 367, doc. 7; Muzzi, 1996a, p. 19).
Nel 1515 restaurò gli affreschi del Beato Angelico
nell’aula capitolare del convento di S. Marco, su commissione
del
padre priore Filippo Strozzi (Falletti, 1993, p. 26).
Una delle prime opere attribuibili a Fra Paolino è forse la
Madonna col Bambino tra i ss. Domenico e Caterina da Siena della
Galleria dell’Accademia di Firenze, proveniente dal convento
delle domenicane di S. Caterina in Cafaggio e attribuitagli da Franca
Falletti (ibid.), ma il suo primo lavoro certo e sicuramente databile
giunto fino a noi si trova nella sacrestia della chiesa di S. Spirito a
Siena, appartenente all’epoca ai domenicani fiorentini di S.
Marco; è un affresco con il Crocifisso e santi eseguito tra
il
settembre e l’ottobre del 1516, in collaborazione con un
converso
di nome Agostino (che verosimilmente preparò la parete da
dipingere), sopra la tomba di Cherubino Ridolfini da Narni, un
laureando in medicina morto poco prima della discussione della tesi.
http://www.treccani.it/enciclopedia/paolo-di-bernardino-di-antonio-del-signoraccio_(Dizionario-Biografico)/
Da questo racconto si conosce che tre erano in Narni nel sec. XVI le
case Cardoli, e ciò ebbi pur rilevato per altri documenti.
Oggi
ne vive una sola rappresentata dal sig. Antonio Cardoli e suoi figli
Francesco Giuseppe e Romolo. A vie più dimostrare la
religione
e la beneficenza della Famiglia Cardoli verso la patria
caverò
da un libro ms. di ricordi, conservalo nel nostro Convento di S.
Domenico, i seguenti squarci « - 1595 Ricordo come il Con
vento
comprò un pezzo di terra nel territorio di Corviano di solli
uno
e canne 95 qual terra e canapina pel prezzo di se. 18 il sollo, e fu
comprata da Bernardo di Vincenzo da Stifone, e il denaro Io
pagò
Febo Cardoli per parte della dote della Cappella di S. Tommaso lasciala
da Domenico Cardoli come dirò appresso
a rogito Ser Ottaviano Ridolfini » - 1593 Ricordo
come ' 29
nel mese di marzo fu sotterrato in Chiesa nostra Domenico Cardoli
riavendo insinuilo erede suo universale Febo Arca e la sorella con
questi patti e con dizioni che si devino chiamare di casa Cardoli, e
mancando a questo sono obbligati a pagare se. 500 per ciascheduna volta
che si faranno chiamare per altro nome e che useranno arme diversa da
quella della Casa Cardoli ") con patto che detto erede Febo sia tenuto
statim fare una Cappella intitolata del l'Angelico Dottor S. Tommaso
d' Aquino in S. Maria Maggiora con la spesa di se. 400
tanto per fabbricarla quanto per dote, senza obbligo alcuno; e dato
caso che detto Febo morisse senza successione istituì crede
in
mancanza di delta linea la detta cappella. Il valore delle sostanze di
detto Domenico ascendeva a 16 in 18 mila scudi - Per rogito di Ottaviano Ridolfini
1595 4 maggio
https://www.narnia.umbria.it/pdf/Miscellanea_storica_Narnese
Presso l'archivio notarile di
Terni AST
si trovano altri documenti che
citano alcune case dei Ridolfini a Narni
ubicate in via Caterini Franceschi
Ferrucci
Nel 1434 Papa Eugenio IV concesse in enfiteusi i castelli di Civitella
e Civitucola ai nobili Giorgio e Battista Ridolfini da Narni, con i
quali aveva un debito di 5000 fiorini a titolo di stipendio per i
servigi resi dai due condottieri durante la battaglia di Bracciano
contro il Fortebraccio.
Tale concessione fu revocata nel 1446 ma senza alcun effetto,
infatti, nel 1448 i suddetti castelli furono ceduti dai Ridolfini ai
Monaci di San Paolo per la somma dì 2000 ducati.
Nel XV secolo adeguamenti delle murature alla potenza delle armi da
fuoco, portarono all'aggiunta ai bastione di un baluardo pentagonale
rivolto verso l'attuale piazza San Giacomo.
Nella seconda metà del XV secolo fu costruito il palazzetto
residenziale che affianca il castello.
Nel 1924 un restauro rimosse la copertura di tegole che deturpava il
coronamento dei merli.
Lavori eseguiti nel 1969 dai monaci con contributo governativo
rafforzarono la muratura esterna e i conci. Nel 1998, grazie
ai fondi stanziati dalla
Regione Lazio, il
castello è stato acquistato dal comune e restaurato.
Successivamente, nel 2000, è stato finanziato dalla
Provincia di
Roma un completamento dei lavori esterni della rocca, quali, il
monumento ai caduti, il fossato e l’annessa porta civica,
tesi
alla valorizzazione del grande patrimonio storico culturale che
è in esso.
Caratteristiche architettoniche
Il castello sorge in una posizione strategica di controllo
della
valle del Tevere. Inoltre la funzione di fortilizio militare appare
chiara dalla struttura della rocca quadrilatera (lunga circa 32 metri,
larga l3m e alta 20m) che presenta rafforzamento delle mura nella parte
bassa; un’accentuata- sporgenza del bordo superiore delle
mura;
ampli merli; assenza originaria di finestre (quelle che si possono
osservare sono state aperte in epoca recente, anticamente
c’erano
solo strettissime aperture).
Il Monastero di San Paolo era sotto la protezione dello Stato
Pontificio quindi la merlatura del castello è guelfa,
diversa da
quella ghibellina a coda di rondine. I massicci merli rettangolari
hanno una distanza l’uno dall’altro sufficiente a
permettere il lancio di sassi e frecce e lo scarico di olio bollente
sui nemici assedianti. Un merlo si ed uno no c’è
una
feritoia a difensivo ed offensivo: essa serviva a vedere ed a
non
essere visti.
Sul terrazzo del castello c’erano due punti di osservazione
strategica, uno dei quali sulla torre.
Il castello formava un tutt’uno con un sistema di mura,
torri, torrette e bastioni che circondava l’abitato.
Anticamente l’accesso al borgo era possibile per mezzo di
Porta
Capena o grazie all’ingresso principale della fortezza munito
di
ponte levatoio in legno, che si alzava e si abbassava sopra il fossato
che girava tutt’intorno. Oggi il ponte è stabile,
i
cardini sono ancora visibili sugli stipiti della porta.
Quest’ultima è sovrastata da un ornamento rifatto
nel 1800
ad opera del muratore Giacomo Ricci, come testimonia
I’iscrizione
in latino sopra l’ingresso. L’ornamento presenta lo
stemma
di San Paolo: un braccio armato di spada; ed è sormontato
dalla
corona baronale, di cui furono insigniti nel XV secolo gli abati del
monastero dì San Paolo dal re d’Inghilterra,
protettore
della basilica.
Oltre passata la porta, si accede nel cortile dove si trovano alcuni
reperti archeologici rinvenuti nel territorio civitellese:
due bassorilievi provenienti dalla località Miciano, uno in
pietra, l’altro in marmo, forse appartenenti ad un tempio
romano;
un cippo funerario diviso a metà, frontone di una tomba
romana
di periodo imperiale, rinvenuto in località Monte lello; ed
un
altro cippo funerario.
Sulla facciata del cortile, in occasione dei lavori di restauro del
1969 sono venute alla luce una finestra ed una nicchietta,
probabilmente l’inizio di un camminamento nel muro verso la
torre
quadrata.
Sul portoncino centrale un’ iscrizione in latino ricorda che
nel
1852 l’abate ed i monaci resero agibile il palazzo abbaziale,
in
gran parte disabitato.
L’entrata immette in un ampio salone di ricevimento il cui
soffitto presenta un sistema di volte in pietra e stipiti
anch’essi in pietra. A tale salone sono annesse due stanze
più piccole. Scendendo al disotto del pian terreno, per
mezzo di
una scala a chiocciola, si arriva in un salone sotterraneo,
anch’esso con sistema di volte, probabilmente riservato alla
soldataglia. Vi si accedeva direttamente da una porta di servizio, ora
murata, che si apriva sulla scalinata di Via Verdi.
Risalendo la scala a chiocciola, che ruota attorno ad una colonna di
mattoni, si giunge al primo piano, dove c’è un
terzo
salone, avente soffitto a volte, con annesse due stanze.
Salendo ancora si arriva al terrazzo.
Quest’ala del castello è collegata
all’altra tramite
uno stretto corridoio che conduce in due stanze con alto soffitto a
volte. Il castello è affiancato dal palazzetto residenziale,
costruito tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo, e che ingloba
l’adiacente Chiesa di Santa Marìa. La maggioranza
delle
sale di tale edificio presenta soffitti a cassettoni di legno; quelli
della stanza al piano terra sono decorati con dipinti raffiguranti
putti, cornucopie e ghirlande. Il loggiato del palazzetto si affacciava
forse su di un giardino pensile, poi coperto per esigenze di spazio.
Il palazzetto residenziale, che per molti anni ha ospitato le suore
Battistine e l’asilo, dopo l’acquisto da parte del
comune
ed il restauro, è diventato, provvisoriamente, sede del
municipio.
http://www.comune.civitellasanpaolo.rm.gov.it/pagina/il-castello-medievale-0
Cappella Ridolfini
nel Duomo di Narni
dipinto di Livio Agresti
https://www.narnia.umbria.it/2019/01/20/famiglie-narnesi/
vedere anche
dettaglio sui potestà a Firenze
http://www.narnia.it/massei.htm
http://www.narnia.it/arca.htm
http://www.narnia.it/senatori.htm
http://www.narnia.it/artenarni.htm
https://www.narnia.umbria.it/2019/01/20/famiglie-narnesi/
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