L’acquedotto
di Montoro voluto dai Marchesi Patrizi ed inaugurato solennemente nel
1858 è una delle ultime opere effettuate da privati nel
nostro territorio durante il periodo del potere temporale dello Stato
Pontificio.
La
festa avvenne in modo sfarzoso con grandi macchine sceniche nella
piazza di Montoro e fu il giusto coronamento al grande lavoro compiuto.
Giovanni
Eroli ci descrive con grande dettaglio questo giorno di festa ed anche
le fasi costruttive dell’acquedotto, senza tralasciale alcuni
particolari, come il ritrovamento dei resti fossili di un grande
elefante “ il tanto pregiato Mastodonte di Kaup (Mastodon
longi rostri)”.
Venendo
all’acquedotto, l’Eroli ci racconta quanto segue:
Cotesto acquedotto, disegnato e periziato dall' esperto architetto sig.
Salvatore Bianchi con la spesa di circa scudi 5000, è lungo
metri 4300, o in quel torno.
Prende la sua origine al sud-est nel terreno in vocabolo Colle Rosello,
proprietà del reverendissimo Capitolo della Cattedrale di
Narni e di altri e passando con torto cammino per i fondi ora
coltivati, or aspri e selvaggi di Marinata, Monte Uovo, Monte Cipollone
e Fontana, riesce in sullo stradone
montorese.
Ha
fine in mezzo alla gran piazza del vetusto castello Trentacinque
bottini o spiragli chiusi, alti sopra terra circa tre palmi, e dove
più e dove meno, dannogli di tratto in tratto aria e
comodità per visitarlo nell' interno; e ventinove archi a
tutto sesto di buona e solida costruzione, gli fan cavalcare, quasi a
mezza via, il fosso e parte del terreno sassoso di Monte Uovo.
Questo
acquedotto, cominciato addì 7 maggio 1857 con la mano di 200
operai, fu terminato nel mese di agosto dell anno corrente, ed i sigg.
Marchesi Giovanni e Francesco, impazienti di onorare la memoria del
padre con sì magnifico e stabil trofeo di carità,
piuttosto che con un mausoleo di bronzo o marmo, decretavano il giorno
8 settembre, solennissimo per la natività di Maria Vergine,
all'apertura e benedizione del fonte fabbricato quasi nel mezzo della
gran piazza che prospetta il turrito palazzo baronale.
Di
prospetto al fonte scorgevasi l'orchestra per la banda, alta un gradino
sopra terra e sopra un altro gradino era costrutta una larga loggia con
ringhiera e archi di busso per accogliere le persone di rispetto.
Questa loggia con l'altare e il fonte eran ricinti da una siepe di
legno di castagno, messa a festoni e cordoni in cima di busso, e legata
a dodici lunghi albucci, guerniti a spire similmente di busso, e aventi
ciascuno in punta una bandiera colorata a colori dello stemma delle
famiglie Montoro e Patrizi.
Il
castello poi, il quale sta rimpetto alla chiesa, era guarnito non solo
di arazzi e delle bandiere dianzi nominate, ma pure della bandiera
pontificia sì che l' occhio rimaneva appagato, veggendo tra
il verde del busso e delle piante rifulger l'argenteo cristallo
dell'acqua, l' oro dell'altare, il rosso cupo de' tappeti, il celeste,
il giallo. il nero, il bianco e la porpora delle bandiere, le quali a
passi eran pur piantate lungo l' acquedotto, quasi per indicare
all'ignaro viandante il suo cammino.
Ma
perchè questi sapesse eziandio l'autor dell'opera, infra gli
archi dell'acquedotto leggevasi: PHIL. PATRITIUS MONTORIUS MDCCCLVIII.
Il sacro rito cominciò con lo sparo de' mortari alle undici
dopo la messa cantata dal Vicario Vescovile Monsignor Domenico
Jacohelli, e vi concorsero molti delle vicine campagne e
città.
Scorgeasi dinanzi l'altare schierati in due lunghe file tutti gli
operai dell'acquedotto, i quali teneano in mano gli attrezzi da lavoro,
e i cappelli guerniti a colori come le bandiere.
Al
salir che fece l'Eminentissimo in sull’altare, essi a un
cenno del caporale levaron alto co' medesimi attrezzi i loro cappelli;
e quindi, incominciata la benedizione del fonte, misersi con
bell'ordine in ginocchio. Compiuta la benedizione, il Cardinale
improvvisò un breve e assennato discorso al popolo acconcio
all'occasione, Dopo il sermone venne intonato il Tedeum con una salva
di mortari, e in fine s'intese il concerto della banda narnese che per
tutta la giornata rallegrò la festa e il banchetto pubblico
dato agli operai presso il fonte, i quali fecero evviva e brindisi
clamorosi al Cardinale e a tutta la famiglia degl'insigni benefattori.
Alle quattro pomeridiane fu in parrocchia la processione dell'ottavario
di S. Egidio protettore del luogo, e dopo questa venne estratta una
tombola a profitto di essi operai e de' poveri montoresi, avendo i
Sigg. Marchesi assegnato del loro un premio di scudi trenta. Nel
costruire l'acquedotto, avendo i muratori necessità di
calce, e il terreno che quello percorre essendo breccioso sabbioso
tufaceo marnoso e in gran parte calcareo, non lungi da lui fecero
aprire alcune fornaci per cuocervi i sassi. Nel luglio passato,
scavandosi una di queste presso la macchia, e al sinistro lato del
fosso di Monte Uovo, o Bove, fu dagli operai rinvenuto un carcame di
animale straordinariamente grande, il quale a colpi di piccone non
conoscendone il pregio, ridussero disgraziatamente in minuti pezzi
Avvisato per caso della scoperta da persona che mi sapea amante di ossa
e conchiglie fossili; e avendo conosciuto, per la descrizione che mi
fece dell'animale frantumato, essere quello un fossile importante,
mandai sul momento avvisando gli operai. che raccogliessero e
conservassero quanti pezzi più potessero, e me gli
portassero diligentemente custoditi. Ma delle molte membra trovate
vennermi in mano due denti e una difesa che furon da me e dal Marchese
Filippo Sacripante e dal Dottor Martinelli reputati parte o di un
Elefante, o di un Mastodonte antidiluviano.
Ma nell'incertezza del
giudizio ne spedii due pezzi al celebre professor di Roma Sig. Giuseppe
Ponzi, il quale, rallegrandosi infinitamente della fortunata scoperta,
assicurò esser quell'animalone un fossile rarissimo,
importantissimo, non mai trovato nelle nostre contrade, ed esser
veramente il tanto pregiato Mastodonte di
Kaup.
Tutto questo venne narrato anche nell’Album giornale di Roma
e nella miscellanea storica di Giovanni Eroli a cui vi rimandiamo per
ulteriori informazioni.
Progetto
“l’Acqua nella Memoria”
Le
Università delle tre età di Narni ed Amelia, in
questo
periodo di blocco forzato dei corsi in presenza, hanno pensato di
portare avanti varie iniziative on line. Tra queste ha riscosso
particolare successo il progetto “l’acqua nella
memoria”.
Il progetto ha lo scopo di sensibilizzare i giovani e meno
giovani, sulla importanza delle risorse idriche, e sulla
fortuna
che molti di noi hanno di avere l’acqua a disposizione. In
molte
parti del mondo ancora oggi questo è un miraggio e solo fino
a
un secolo fa l’acqua corrente non era ancora nelle
nostre
case. Noi siamo l’ultima generazione che può
ricordare
come si viveva in mancanza di questo servizio essenziale, come ci si
organizzava nella vita quotidiana e nei lavori che ne richiedevano
l’uso. Le Unitre di Narni ed Amelia, grazie ai loro iscritti,
stanno rispondendo per ricostruire insieme una memoria comune per far
rivivere esperienze vitali per il nostro territorio.
Tutto è nato da delle passeggiate culturali lungo il fiume
Nera,
alla scoperta delle nostre radici, infatti la parola Narni deriva dal
sanscrito “Nahar” che è la radice per
indicare
l’acqua che scorre, e la nostra terra è da sempre
ricca di
acqua. L’Umbria verde deve proprio all’acqua il suo
colore,
generatore di vita e fonte di energia.